Intervista al T. Col Paola Verde, Segretario Generale Aimas, Ufficiale Medico Sperimentatore che presta servizio presso il Reparto Medicina Aeronautica e Spaziale (RMAS) della Divisione Aerea Sperimentazioni AeroSpaziali (DASAS)
La sua passione sono sempre state la medicina e il volo.
Per questo, quando ha dovuto scegliere cosa fare da grande per lei è stato semplice, nonostante in Italia i tempi non fossero ancora maturi per una presenza femminile nell’Aeronautica. Ma Paola Verde ha avuto pazienza e, dopo una lunga esperienza all’estero, è rientrata in Italia coronando il sogno di bambina.
Oggi il Tenente Colonnello Paola Verde è Ufficiale Medico Sperimentatore che presta servizio presso il Reparto Medicina Aeronautica e Spaziale (RMAS) della Divisione Aerea Sperimentazioni AeroSpaziali (DASAS) e conduce, insieme ad un team di Ufficiali Medici e tecnici Sanitari sperimentatori, ricerche in ambito aerospaziale volte a sperimentare e verificare su uomini e aeromobili equipaggiamenti imbarcabili ed indossabili, apparecchiature elettromedicali e tutto quello che concerne lo human factor.
Segretario Generale dell’AIMAS (Associazione Italiana di Medicina Aeronautica e Spaziale) dal 2009, dal 5 al 7 giugno Paola Verde è stata tra le protagoniste del XXXIV Convegno italiano di medicina aeronautica e spaziale organizzato proprio dall’AIMAS a Roma. Noi di Economia dello Spazio abbiamo deciso di approfondire raggiungendola telefonicamente a Pratica di Mare, dove lavora, per parlare con lei proprio del rapporto tra la medicina e lo spazio.
“Il mio ruolo è quello di occuparmi della parte scientifica dei diversi panel nei Congressi italiani e internazionali e di mantenere i rapporti con la società scientifica europea, e con le altre istituzioni che si occupano di aeronautica e spazio con lo scopo di arrivare a delle linee guida utili nel settore medico aerospaziale”, spiega Paola Verde.
Per esempio?
“Per esempio abbiamo portato all’attenzione della comunità scientifica il discorso del diabete in volo. Cambiano i tempi, cambiano le tecnologie e, con i nuovi sensori di monitoraggio della glicemia si è aperta una nuova chance per migliorare le direttive per l’accesso alle professioni di volo. Quindi il nostro compito, come AIMAS, è organizzare tavoli, mettendo a confronto le varie realtà scientifiche che si occupano di un aspetto da diversi punti di vista. Le nuove tecnologie migliorano l’efficienza lavorativa del personale di volo e di altre professioni critiche e i voli della aviazione commerciale nello spazio suborbitale rappresentano sicuramente un’ulteriore sfida per i piloti e i passeggeri diabetici insulino-trattati affinché possano volare in sicurezza”.
Cosa l’ha affascinata di questo settore nelle sue scelte di studi?
“È stato facile per me scegliere, perché il volo mi è sempre piaciuto e volevo fare il medico. Quando io ho cominciato le donne nelle Forze Armate non erano presenti. Ricordo che quando venivo a scrivere la tesi qui a Pratica di Mare, mi prendevano in giro e mi dicevano: “Fare medicina aerospaziale in Italia è come fare il cacciatore di leoni a Milano”. Ma io sono andata avanti. Sono andata all’estero e poi sono tornata in Italia quando le cose sono cambiate. Studiare e lavorare all’estero è stato bellissimo, ma preferisco vivere in Italia”.
Qual è il legame tra spazio e medicina?
“Una volta c’era anche una distinzione tra i vari compartimenti scientifici: l’ingegnere faceva l’ingegnere, l’astrofisico l’astrofisico, il medico faceva il medico. Nello spazio è tutto interconnesso. Il medico deve capire come funziona, seppure solo nei principi, un vettore spaziale e l’ingegnere deve sapere come si adatta il corpo umano nello spazio. Quando faremo l’esplorazione spaziale profonda avremo altre domande da porre e altre risposte da dare. La scienza ha per ora solo una parte delle risposte, perché parliamo di un mondo tutto da scoprire, visto che per ora siamo impegnati nell’orbita bassa”.
Quali vantaggi sulla Terra da un punto di vista medico si sono avuti in questi anni grazie all’esplorazione spaziale?
“Faccio qualche esempio: la macchina per la dialisi nasce dalla necessità di filtrare il sangue in un ambiente particolare. Anche i nuovi fissatori esterni per le fratture o la risonanza magnetica nascono nello spazio. Questi progressi si sono avuti grazie alle particolari esigenze dell’ambiente spaziale e sono poi stati sfruttati sulla Terra per migliorare la qualità della vita”.
I voli nello spazio hanno conseguenze sul fisico di chi li compie?
“Dipende molto dalla durata della missione. Più è lunga la durata e più ci sono effetti. Tutti gli astronauti al rientro, sono sottoposti ad un programma di riabilitazione fisica: si tratta di una serie di trattamenti che spaziano dal nuoto alla ginnastica, alla fisioterapia. Per le lunghe missioni è prevista anche la riabilitazione psicologica e gli astronauti vengono invitati ad incontrare parenti ed amici per mangiare una pizza o vedere un film. Perché, tra gli effetti delle lunghe missioni, c’è l’isolamento, e si sviluppa una sorta di “anestesia emotiva” esattamente come succede per chi si sottopone a lunghe spedizioni in Antartide”.
L’Italia ha partecipato agli esperimenti di Axiom3. Quali sono i tempi per ottenere dei risultati?
“L’Aeronautica Militare e il RMAS in particolare hanno contribuito con degli esperimenti sia su Axiom3 che sul volo Virtute-1. Lo spazio è il nostro settore di competenza, soprattutto per la medicina aerospaziale. Ci sono alcuni esperimenti che consentono una analisi più rapida, altri, come quelli di biologia cellulare, che richiedono più tempo”.
La lunga tradizione italiana nell’ambito della ricerca
Come Italia abbiamo una lunga tradizione che riguarda la ricerca: quando comincia?
“Negli anni Trenta c’era la Città dell’Aria – racconta Paola Verde -, un’area destinata alle ricerche aeronautiche nei pressi di Montecelio (Lazio). Fu poi rinominata Guidonia Montecelio nel 1937, in memoria del generale Alessandro Guidoni, morto in un incidente durante il test di un paracadute. Nel 1938, ricordiamo il record di quota ottenuto da Mario Pezzi che, partendo dall’aeroporto di Guidonia a bordo di un biplano Caproni Ca. 161bis con motore Piaggio P. XI RC. 100/2v e cabina stagna, indossando uno speciale scafandro, raggiunse la quota di 17 083 metri.
In questa Italia dei record la medicina aeronautica aveva un posto di rilievo. La Città dell’Aria, era un crogiolo di fisici, sperimentatori, medici dove per Pezzi fu realizzata una apposita cabina stagna che gli permetteva di ossigenarsi senza esporlo alla ipotermia o alla malattia da decompressione. Un lavoro straordinario al quale contribuirono i medici Rodolfo Margaria e Tomaso Lomonaco.
Tutti loro, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1946 ricostruirono un primo nucleo di medicina aeronautica divenuto poi spaziale. Nel gruppo anche Aristide Scano che studiò l’effetto della microgravità sull’uomo con sistemi artigianali come la torre di subgravità montata sulla parete esterna del Centro Studi di via Gobetti a Roma ma studiò anche gli effetti sulla crescita delle piante, inventando un clinostato triassiale per vedere come si comportavano. Grazie a lui fu anche realizzata una prima camera ipobarica per piccoli animali… Noi dobbiamo pensare che loro furono pionieri non avendo nessuna letteratura scientifica a disposizione ma studiando le reazioni di animali e di uomini che venivano scrupolosamente osservate e riportate”.
Quale futuro rispetto all’esplorazione su Marte?
“Wernher von Braun, responsabile dei progetti di missilistica della Germania nazista, quando fu arrestato dagli americani dopo la sconfitta della Germania, scrive durante il periodo della prigionia un progetto su come andare su Marte. Siamo nel 1946 e lui pensa proprio che sia necessario puntare prima sulla Luna. Von Braun immagina una stazione spaziale orbitante utilizzata per costruire i mezzi che arriveranno su Marte. Inoltre immagina che gli uomini su Marte potranno vivere in città sotto terra collegate tra di loro con dei tunnel. Una cosa che avrebbe consentito di pressurizzare l’ambiente e di risolvere la questione delle radiazioni in antitesi con molte teorie odierne di terraformare Marte”.
Paola Verde: “Lo spazio non è il futuro, ma il presente”
“Lo spazio non è il futuro, ma il presente”, ha dichiarato durante il Congresso dell’AIMAS: quanto l’Italia sta svolgendo un ruolo importante in questa direzione o per quanto riguarda questo ambito è importante fare discorsi che vanno oltre i confini nazionali e parlare di squadre di scienziati che lavorano per il miglioramento della salute dell’uomo?
“Storicamente avevamo due riferimenti, l’America e la Russia. Ora non è più così visto che diversi Paesi hanno sviluppato dei propri programmi spaziali. Sul tema dell’esplorazione spaziale e della ricerca nel settore medico, l’Italia è saldamente in Europa e sicuramente il tema dello spazio nel suo insieme non può essere affrontato dal singolo Paese, sicuramente siamo tra i massimi contributori dei programmi dell’ESA. Per quanto l’Italia si stia dotando di uno spazioporto, il tema dell’esplorazione dello spazio profondo deve essere affrontato sinergicamente tra tutte le nazioni in grado di contribuire a qualsiasi livello”, conclude Paola Verde.
T. Col. Paola Verde Segretario Generale AIMAS nel 2023 ha ricevuto il 5° premio internazionale “evento donna” per la Difesa @dasas
Giornalista, Capo Redattrice di Economia dello Spazio Magazine,Economia del Mare Magazine,Space&Blue, Vivere Naturale Magazine.