Decine di milioni di stelle e galassie illuminano il primo tassello della grande mappa dell’universo in corso di realizzazione da parte del satellite Euclid dell’Agenzia spaziale europea (Esa), rilasciato ieri in occasione dell’International Astronautical Congress a Milano
È solo l’un per cento della grande mappa del cosmo che il satellite Euclid è intento a costruire, eppure sta già strabiliando la comunità di ricerca coinvolta in questa imponente impresa. Il primo mosaico celeste rilasciato dalla missione dell’Agenzia spaziale europea (Esa) copre 132 gradi quadrati, pari a oltre 500 volte l’area della luna piena nel cielo, per un totale di 208 gigapixel.
La nuova immagine, pubblicata dall’Esa in occasione dell’International Astronautical Congress in corso a Milano, combina osservazioni ottenute tra il 25 marzo e l’8 aprile di quest’anno con i due strumenti di bordo, il Visible Instrument (Vis) e il Near Infrared Spectrometer Photometer (Nisp). Vi fanno capolino circa cento milioni di sorgenti astronomiche, tra galassie – distanti decine, centinaia e migliaia di milioni di anni luce – e stelle appartenenti alla nostra galassia, la Via Lattea.
Circa 14 milioni delle galassie visibili in questo mosaico saranno utilizzate per studiare l’effetto di lente gravitazionale causato dall’invisibile materia oscura interposta tra le galassie e noi che le osserviamo, la quale ne amplifica e distorce leggermente le immagini.
In primo piano, si possono distinguere molte stelle della nostra galassia grazie alla caratteristica forma a sei punte introdotta dalle ottiche del telescopio. Spicca inoltre una fioca nebulosità diffusa di colore bluastro, anch’essa di natura galattica: si tratta di nubi di gas e polveri interstellari dette anche “cirri galattici” per l’aspetto che ricorda quello dei cirri presenti nell’atmosfera terrestre.
Una serie di zoom progressivi, da 3 fino a 600 ingrandimenti, illustrano lo straordinario grado di dettaglio presente nei dati raccolti da Euclid. La missione è infatti in grado di immortalare al contempo la struttura su grande scala dell’Universo, puntellata di ammassi di galassie – come Abell 3381, a oltre 600 milioni di anni luce di distanza, ritratto in uno degli ingrandimenti – ma anche di catturare le caratteristiche di singole galassie, presentate negli ingrandimenti più profondi.
Scaramella, Inaf: “Questo primo, grande mosaico di una regione di cielo ottenuto cucendo insieme più di 260 puntamenti di Euclid è davvero una pietra miliare”
«Questo primo, grande mosaico di una regione di cielo ottenuto cucendo insieme più di 260 puntamenti di Euclid è davvero una pietra miliare: è la prima volta che si è ottenuta e che viene mostrata l’immagine di un’area così grande di cielo, con una simile profondità, osservata in queste bande e con questa qualità», commenta Roberto Scaramella dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) di Roma, responsabile del team che si occupa della survey condotta da Euclid.
«Questo ci mostra come il cielo sia ricco di diverse galassie, da quelle belle e vicine fino a quelle piuttosto piccole, deboli e lontane che possiamo vedere ingrandendo l’immagine. Sono queste ultime, le galassie a grandi distanze, l’obiettivo principale degli studi cosmologici di Euclid. Tuttavia, come si può facilmente vedere, l’enorme quantità di dati e la loro grande varietà e qualità consentiranno alla maggior parte dei campi dell’astronomia di fare enormi progressi grazie a Euclid».
Il mosaico pubblicato oggi è solo un assaggio delle potenzialità di Euclid. Dall’inizio della campagna scientifica lo scorso febbraio, la missione ha già completato il 12% della survey. La prossima tappa è prevista per marzo 2025, con la pubblicazione di una prima porzione dei dati, pari a 53 gradi quadrati, che includerà anche un’anteprima degli Euclid Deep Field, regioni del cielo dedicate alle osservazioni più profonde. Il primo anno di dati per l’analisi cosmologica, invece, sarà reso pubblico nel 2026.
L’Italia è fortemente coinvolta nella missione, con l’Agenzia spaziale italiana, l’Inaf, l’Istituto nazionale di fisica nucleare e numerosi atenei italiani. All’Inaf in particolare spetta l’importante compito di coordinare il segmento di terra scientifico di Euclid, ovvero il complesso sistema di pianificazione, elaborazione e riduzione dell’immensa mole di dati raccolti dalla sonda.
«Abbiamo già nelle nostre mani circa 2000 gradi quadrati, più di dieci volte l’area mostrata in questa immagine» aggiunge Andrea Zacchei dell’Inaf di Trieste, manager del segmento di terra scientifico di Euclid. «Tutti gli istituti coinvolti nel segmento di terra che coordino stanno lavorando intensamente per estrarre le informazioni allo scopo di creare la più grande e dettagliata mappa tridimensionale del nostro Universo. Ovviamente facciamo tutto ciò con algoritmi dedicati sempre più complessi ma ogni volta che mi soffermo a guardare una di queste immagini sono semplicemente colpito dalla loro bellezza».
Nel corso di sei anni, Euclid osserverà miliardi di galassie a distanze cosmiche disparate, per sondare gli ultimi dieci miliardi di anni di storia dell’Universo. Misurando la forma, la distanza e il moto delle galassie, la missione costruirà la più grande mappa 3D del cosmo, studiando gli effetti della materia oscura e dell’energia oscura sulla materia ordinaria per cercare di comprendere la natura di queste misteriose, invisibili componenti che permeano l’Universo.
L’anteprima dedicata alla memoria di Bianca Garilli
La comunità Euclid italiana ha deciso di dedicare questa anteprima della survey alla memoria di Bianca Garilli, astronoma dell’Inaf recentemente scomparsa. Coinvolta in Euclid sin dalle primissime fasi della proposta, in particolare per quanto riguarda lo strumento Nisp e la realizzazione del software per il trattamento dei dati spettroscopici, ha lasciato un’eredità di conoscenza e competenze sulla missione che ha permesso al suo gruppo di lavoro di fornire un contributo fondamentale alla preparazione delle pipeline del segmento di terra.
«Il contributo di Bianca è stato importantissimo per dimostrare la fattibilità, tecnica e scientifica, della parte più complessa del progetto Euclid, quella della survey spettroscopica», nota Marco Scodeggio dell’Inaf di Milano. «A questo ha fatto seguito la sua partecipazione nella definizione delle prestazioni richieste sia per gli strumenti a bordo di Euclid, sia per il software che stiamo utilizzando per analizzare i dati prodotti da quegli strumenti. Sentiremo tutti la mancanza della sua spinta costante a fare le cose un po’ meglio di quanto noi avremmo accettato come un livello “buono abbastanza”».
La comunità Euclid italiana ha subito una grande perdita e sentirà a lungo la mancanza della sua capacità di analisi e del suo importante senso critico.
FONTE MEDIA INAF