Marsiaj: “lo spazio è un’opportunità unica per la crescita industriale e tecnologica dell’Italia”

Marsiaj

Intervista al delegato di Confindustria per l’Aerospazio Marsiaj

Confindustria gioca un ruolo strategico nello sviluppo e nella definizione delle politiche aerospaziali italiane, fungendo da ponte tra istituzioni, imprese e ricerca. Attraverso il dialogo con il governo e le realtà industriali, contribuisce a delineare le strategie per la crescita di un settore chiave per l’innovazione, la competitività e l’indipendenza tecnologica del Paese. In questa ricca intervista, esploreremo insieme al Delegato per l’Aerospazio Giorgio Marsiaj il contributo di Confindustria nel rafforzare la leadership italiana nel panorama aerospaziale internazionale.

L’industria italiana ha una lunga tradizione nel settore aerospaziale. Quali sono oggi i punti di forza dell’Italia nell’economia dello spazio?

Lo spazio ha un grande vantaggio rispetto agli altri settori: la presenza di capi filiera nazionali che sono proattivi e competitivi a livello globale, capaci di trascinare la supply chain in un processo di internazionalizzazione e di crescita. Parliamo di manifattura, ecco perché siamo a casa di Confindustria: la manifattura è il cuore del nostro sistema industriale. Siamo un paese manifatturiero da 120 anni e anche se abbiamo difficoltà e continuiamo ad affrontare alcune sfide da due anni a questa parte, esportiamo comunque più di 620 miliardi. Siamo il secondo paese esportatore in Europa, la seconda economia manifatturiera: questo significa che siamo competitivi. Però sappiamo che dobbiamo continuare in questa direzione.

Il risultato della competitività delle filiere nazionali è la capacità del nostro Paese di fare leva non solo sui grandi attori nazionali — come per esempio Leonardo, Telespazio, Thales Alenia Space — ma anche su un tessuto di tante altre realtà. Questa è la forza del settore: la presenza di importanti global player che lavorano con aziende piccole e medie. Quando parliamo di medie dimensioni, dobbiamo dirci la verità: molte sono medie, ma tantissime sono piccole. Nonostante tutto, però, la nostra manifattura e i nostri prodotti sono molto apprezzati all’estero. Queste piccole e medie imprese sono altamente specializzate e giocano un ruolo chiave nell’innovazione e nello sviluppo del settore.

Come Confindustria sottolineiamo sempre l’importanza di sostenere la crescita dimensionale delle PMI. Io, come forse lei sa, sono stato presidente della territoriale di Torino e l’ho sperimentato in prima persona durante il Covid: la competitività delle nostre aziende è reale, ma per rafforzarla in un’ottica di lungo periodo dobbiamo aiutare le più piccole a crescere, senza però perderle per strada, perché sono il cuore del processo di innovazione.

Rafforzare i campioni nazionali con politiche industriali mirate è fondamentale. In questo contesto la partnership tra Confindustria e Intesa Sanpaolo è fondamentale. Ho partecipato, lo scorso gennaio a Milano, all’evento di presentazione del nuovo accordo tra l’associazione e la banca e ciò che mi è rimasto particolarmente impresso sono tre parole chiave: investimenti, innovazione e credito. La più grande banca italiana mette a disposizione 200 miliardi di euro da investire — non da spendere — entro il 2028. Il principale obiettivo è far crescere le nostre imprese. Gli investimenti previsti riguardano filiere strategiche, e siamo rimasti colpiti dal fatto che lo spazio sia stato individuato come uno dei settori ad alto potenziale di sviluppo.

L’aerospazio e la space economy rientrano pienamente in questo quadro. E l’inserimento di questi temi nell’accordo nasce da una riflessione fatta da tempo con Intesa Sanpaolo: al momento, la capacità di credito e i finanziamenti indiretti mirati alla crescita delle PMI aerospaziali sono ancora insufficienti. È un dettaglio importante e lavorare su questo aspetto può fare una grande differenza e rappresentare un’opportunità per le imprese del settore. Ricordiamoci che il 75% delle nostre aziende è a conduzione familiare.

Uno degli aspetti più interessanti è che molti altri settori industriali possono trarre beneficio dalla crescita e dagli investimenti nell’industria spaziale. Questo rende il comparto non solo strategico di per sé, ma anche un volano per l’innovazione e la competitività di tutto il sistema economico italiano.

Quali settori industriali italiani possono trarre maggiore beneficio dalla crescita dell’industria spaziale?

Guardiamo cosa è successo nel recente passato. La ricerca aerospaziale ha sempre generato ricadute in numerosi settori, andando oltre il comparto specifico di cui stiamo parlando. Pensiamo all’industria dei servizi: molte innovazioni che oggi consideriamo essenziali, come Internet, sono nate da esigenze militari o di ricerca spaziale. Pochi lo sanno e anche i giovani spesso non ne sono consapevoli. Per questo, quando parliamo di comunicazione, dobbiamo trasmettere questi messaggi positivi: la ricerca spaziale non è solo legata alla difesa, ma incide direttamente sulla vita quotidiana di tutti noi.

Se guardiamo al presente, i satelliti giocano un ruolo cruciale in una vasta gamma di applicazioni con implicazioni immediate nella nostra vita quotidiana: dalle comunicazioni alla navigazione, dal GPS alle previsioni meteo. Sono aspetti che spesso diamo per scontati, ma che derivano direttamente dallo sviluppo tecnologico legato allo spazio.

Il settore spaziale tradizionale è stato dominato dalle grandi agenzie come la NASA e l’Agenzia Spaziale Europea, con una forte presenza del pubblico. Tuttavia, oggi assistiamo all’apertura del settore ai player privati. Un conto è la collaborazione pubblico-pubblico, un altro è quella pubblico-privato: e questo è il principio alla base della New Space Economy. La liberalizzazione delle attività spaziali, associata alla rapida espansione del segmento dei servizi, sta rivoluzionando il mercato. La New Space Economy permette di offrire servizi innovativi e, ancora una volta, torna la parola “innovazione”, di cui abbiamo disperato bisogno. Parliamo di connettività satellitare, osservazione della Terra e applicazioni in settori diversificati, dall’automotive all’agricoltura, fino all’automazione industriale e ai beni di consumo.

Il settore spaziale, sempre più congestionato e competitivo, porta con sé nuove necessità e sfide anche nel comparto della sicurezza. Investire nello spazio, quindi, significa dare impulso alla crescita economica. E come imprenditore per me la crescita è un tema fondamentale, perché ne abbiamo bisogno. Dobbiamo renderci conto che il nostro Paese è cresciuto pochissimo negli ultimi quindici anni. Certo, c’è stato un rimbalzo post-Covid ma ora siamo tornati a una crescita minima, attorno allo 0,7%. Il primo obiettivo, dunque, è garantire questa crescita, per poi creare le condizioni affinché diventi più significativa.

Crescita e competitività sono legate tra loro. Dobbiamo rendere più competitivo il nostro settore manifatturiero, attrarre nuovi investimenti e creare opportunità di lavoro. E questo riguarda soprattutto i giovani: credo che sia la cosa più importante. Dobbiamo pensare al futuro delle nuove generazioni e questo passa anche dalla formazione e dallo sviluppo del territorio. La formazione è fondamentale, ma lo è anche creare le condizioni affinché i giovani che vanno all’estero possano tornare e trovare opportunità in Italia.

La Space Economy può giocare un ruolo chiave in tutto questo, creando nuovi posti di lavoro altamente qualificati. Crescita, lavoro, innovazione tecnologica: sono tutti elementi interconnessi. Se vogliamo rendere l’Italia un polo attrattivo per le giovani generazioni, dobbiamo muoverci in questa direzione. Le condizioni ci sono, ma dobbiamo agire concretamente per sfruttarle al meglio.

Quali strategie industriali possono rafforzare la nostra posizione internazionale?

È fondamentale fare riferimento al Libro Bianco, il documento di politica industriale su cui sta lavorando il MIMIT. Spesso gli imprenditori si lamentano delle difficoltà, ed è vero che ci sono, ma dobbiamo anche valorizzare ciò che di positivo abbiamo. Il Made in Italy è un elemento di forza riconosciuto a livello globale, e proprio un documento di politica industriale ha l’obiettivo di potenziare la competitività del nostro sistema Paese. Come Confindustria, stiamo lavorando in questa direzione, e non sorprende il ruolo centrale che il settore spaziale può avere in questo contesto.

A questo proposito, non posso non citare il Rapporto Draghi del settembre 2024, che dedica due interi capitoli a difesa e spazio. Per la prima volta nella storia, la Commissione Europea ha istituito la posizione di un Commissario per l’Industria della Difesa e dello Spazio. Questo dimostra che non si tratta solo di un’esigenza italiana, ma di una necessità sentita a livello globale ed europeo. L’Europa, infatti, si trova tra due grandi potenze: gli Stati Uniti, che restano la prima potenza mondiale e la Cina, che punta a superarla.

Io ho lavorato per trent’anni in un grande gruppo americano e ho visto in prima persona quanto l’industria della difesa e dello spazio sia strategica.

L’istituzione del Commissario Europeo per l’Industria della Difesa e dello Spazio conferma che il futuro del settore spaziale italiano si giocherà a livello europeo. Serve una politica industriale nazionale solida, ma anche una strategia che renda l’Italia complementare alla politica industriale europea. Non possiamo presentarci ai tavoli di negoziazione senza una visione chiara.

Un esempio evidente è la spesa per la difesa. Secondo le stime di Janes, la società britannica di analisi nel settore della difesa, il budget 2025 degli Stati Uniti ammonta a 930 miliardi di dollari, mentre l’Europa, sommando le principali economie, arriverà a un terzo di quella cifra, ovvero a quanto investe la Cina. Piaccia o no, questa è la realtà, e il dibattito di questi giorni sulla spesa per la difesa è centrale. L’Italia deve decidere se consolidare una posizione di leadership internazionale o rischiare un ridimensionamento.

Come Confindustria riteniamo prioritario promuovere una politica industriale nazionale che favorisca la competitività. Ci sono tre aspetti cruciali:

  1. Normativa e burocrazia – La riforma della burocrazia è essenziale. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) prevedeva interventi in questo senso, ma ancora oggi la complessità normativa rappresenta un ostacolo piuttosto che un motore di sviluppo. Bisogna evitare rigidità operative e barriere all’ingresso.
  2. Formazione – La crescita del settore spaziale non può prescindere dalla formazione di nuove competenze. È un tema cruciale per garantire la sostenibilità del settore. Per questo, da settembre scorso, abbiamo creato un gruppo tecnico in Confindustria. Ci siamo già riuniti due volte e a marzo ci incontreremo di nuovo per coinvolgere le imprese associate e individuare le priorità, dai percorsi ITS ai corsi di laurea. È necessario rendere il settore più competitivo e attrattivo per i giovani.
  3. Flessibilità lavorativa – Formare eccellenze tecniche richiede anni, e le esigenze di mercato cambiano rapidamente. Serve un quadro normativo che garantisca flessibilità nel mercato del lavoro, evitando rigidità che rischiano di frenare la crescita del settore.

Infine, ci sono due aspetti strategici da considerare:

  • Il Piano Mattei – Il tema è al centro dell’agenda del governo. Rafforzare le infrastrutture strategiche legate allo spazio può consolidare la posizione dell’Italia tra i paesi europei di riferimento.
  • Il Broglio Space Center – Ho visitato Malindi con il Ministro Urso, e sono convinto che il potenziamento di questa struttura potrebbe rafforzare la nostra leadership nel Mediterraneo. L’Italia, per la sua posizione geografica, ha un ruolo naturale di ponte tra Europa e Africa.

Dobbiamo puntare su strategie concrete e coordinate, perché il settore spaziale rappresenta un’opportunità unica per la crescita industriale e tecnologica del Paese. L’Italia ha tutte le carte in regola, ma deve agire con decisione per consolidare la sua posizione a livello internazionale.

Quali sono le leve per attrarre più investimenti nel settore spaziale italiano?

Attrarre investimenti è un tema che affrontiamo da tempo. Non è un argomento nuovo, e non a caso gli investimenti erano una delle tre parole chiave dell’accordo con Intesa Sanpaolo di cui ho parlato in precedenza. Senza investimenti, qualsiasi strategia di crescita resta inefficace. Tuttavia, facilitare gli investimenti è un’operazione complessa, che dipende dalla tipologia dei fondi coinvolti, dalla maturità delle imprese target e dal fatto che si tratti di capitali nazionali o esteri, pubblici o privati.

Alcune iniziative concrete per attrarre nuovi investimenti e rafforzare la filiera spaziale includono:

  • Mappatura del settore: Stiamo sviluppando una conoscenza più approfondita del comparto attraverso un’attività di mappatura, supportando l’iniziativa del CTNA. Questa mappatura è essenziale per comprendere lo stato dell’industria, identificare le criticità e accelerare i processi decisionali.
  • Tavoli di lavoro bilaterali: Abbiamo attivato incontri con i principali player del settore, coinvolgendo le associazioni territoriali di Confindustria e le imprese più competitive. A inizio 2025, insieme al presidente di AIAD, Giuseppe Cossiga, abbiamo avviato una serie di incontri con le principali aziende aerospaziali nazionali. Il confronto con queste realtà, spesso leader nell’innovazione, è fondamentale per individuare le carenze della filiera e creare opportunità concrete.
  • Progetti strategici territoriali: Un esempio importante è il progetto della Città dell’Aerospazio a Torino, che rappresenta un modello di ecosistema industriale coordinato a livello nazionale. È essenziale che i progetti territoriali siano armonizzati all’interno di una politica industriale nazionale coerente, senza duplicazioni inutili.
  • Accesso ai mercati internazionali: Dobbiamo muoverci con una strategia che ci renda più competitivi a livello globale, garantendo alle nostre imprese l’accesso ai grandi progetti internazionali.
  • Ambiente favorevole agli investitori: Un settore più competitivo richiede strumenti di supporto efficaci. Ciò implica una riduzione della burocrazia, che oggi rappresenta un ostacolo per chi vuole investire in Italia. Serve un’azione coordinata tra pubblico e privato: quando questa collaborazione funziona, i risultati arrivano. Nessun attore può restare escluso dal processo, né gli imprenditori, né le associazioni, né il settore pubblico.

Il successo non dipende solo dalle imprese, ma anche dalla capacità delle istituzioni di creare un contesto favorevole alla crescita e all’innovazione. Dobbiamo puntare su un modello inclusivo, in cui il settore spaziale diventi un volano per lo sviluppo dell’intero sistema economico italiano.

Il modello SpaceX ha dimostrato il potenziale del settore privato. Crede che in Italia e in Europa sia possibile uno sviluppo simile, con aziende private in grado di competere globalmente?

Io voglio crederci, anzi, ci credo. Credo che questo approccio, che punta a un sistema manifatturiero nazionale forte e interconnesso, sia essenziale per il ruolo dell’aerospazio e dello spazio in generale. Stiamo vivendo una crescita impressionante in questo settore, e quando dico “stiamo vivendo” è perché ne sono protagoniste anche le nostre imprese: grandi, medie e piccole. Tuttavia, possiamo fare di più.

Lei citava il rapporto tra pubblico e privato. Certamente, negli Stati Uniti c’era bisogno di destinare miliardi di dollari pubblici a un imprenditore che poi ha saputo gestirli al meglio. Questo ha reso possibile lo sviluppo di SpaceX. Non parliamo di cifre simili in Europa, ma dobbiamo comunque essere in grado di costruire un modello di collaborazione efficace, che abbia al centro il pragmatismo.

Tutto parte dalla manifattura. Un settore nuovo e innovativo che attrae capitali ha bisogno di una base industriale solida. Anche il private equity farà la sua parte, perché il percorso di crescita del settore spaziale continuerà per i prossimi decenni. Di fronte a questo scenario, è fondamentale che il pubblico e il privato dialoghino costantemente. E infatti, chi governa e chi guida le imprese devono affrontare insieme queste sfide.

Non vedo questo come un problema, ma come un’opportunità. È su queste opportunità che dobbiamo lavorare. Anche la mia delega è mirata proprio a garantire che ci sia la giusta attenzione su questi temi. Non dico che in passato non ci siano stati investimenti, anzi, ci sono sezioni di Confindustria e associazioni di categoria, come AIAD, che lavorano benissimo. Ma oggi abbiamo una nuova consapevolezza e possiamo sfruttare questo momento per dare un ulteriore impulso al settore.

Mi sembra che ci siano segnali concreti di speranza e messaggi forti per il futuro.

Lei ha spesso rimarcato l’importanza di superare il tradizionale rapporto cliente-fornitore e adottare un modello di partnership strategica tra grandi imprese e PMI anche nello spazio. Come possono realtà come Confindustria supportare questo processo?

Più ne parliamo, più ci credo. Ricordo che nel 2019, quando ero ancora presidente dei metalmeccanici prima di passare alla territoriale, invitai Alberto Vacchi, proprietario di IMA, leader nel settore del packaging. Vacchi ha adottato un approccio simile al modello Keiretsu, ispirato all’esperienza giapponese di Toyota.

Toyota, nata circa un secolo fa, è oggi il più grande costruttore automobilistico al mondo. Il suo successo si deve anche alla capacità di costruire alleanze di lungo periodo con i propri fornitori. Il punto chiave è superare il tradizionale rapporto cliente-fornitore e instaurare una partnership strategica, in cui entrambi i soggetti condividono un obiettivo comune. Significa che non ci si lascia a metà strada, ma si cresce insieme.

Questo è particolarmente importante in un’economia come la nostra, fatta in gran parte da PMI, molte delle quali non hanno la struttura per affrontare da sole investimenti significativi. Spesso queste aziende hanno anche una scarsa managerializzazione, e devono quindi trovare un sistema per combinare la loro capacità manifatturiera con una visione strategica di lungo termine.

Un esempio concreto è quello dello stesso Vacchi: durante la crisi del 2010, molte aziende fornitrici si erano delocalizzate nell’Est Europa, in India o nel Sud-Est asiatico. Lui ha individuato 12-13 fornitori strategici, ha offerto loro la possibilità di rientrare in Italia e ha creato un polo produttivo integrato. In alcuni casi ha acquisito quote di minoranza, senza mai puntare al controllo totale, per garantire ai fornitori l’autonomia necessaria per crescere su altri mercati oltre il suo. L’obiettivo era far sì che almeno il 50% del loro fatturato venisse da altri clienti, evitando che diventassero semplici reparti della sua azienda. Questo è il concetto di fiducia e collaborazione strategica.

Se questo approccio ha funzionato in altri settori, perché non applicarlo anche nello spazio? Il settore spaziale ha tutte le caratteristiche per creare filoni di innovazione, coinvolgendo sia le grandi imprese che le PMI. Abbiamo la fortuna di avere campioni nazionali competitivi, che operano a livello globale e che possono guidare l’intero ecosistema. Tuttavia, le PMI che operano come fornitori devono poter crescere e innovare autonomamente. Se rimangono dipendenti da un solo grande cliente, rischiano di diventare fragili e di non poter investire nel lungo termine.

Un’altra sfida è il cambiamento della mentalità imprenditoriale. Molti imprenditori faticano ad accettare l’idea di cedere anche solo una quota di minoranza della propria azienda, perché temono di perdere il controllo. Ma la realtà è che, in alcuni casi, questa può essere una scelta strategica vincente per accedere a nuovi mercati e investimenti.

Nel settore della difesa, questo modello è più complesso da applicare. Molte aziende hanno avuto per anni un solo grande cliente — una grande impresa della difesa — e questo ha plasmato il loro modo di operare. Ma nello spazio e nella Space Economy, il paradigma può essere diverso: nuove partnership possono portare a un’innovazione più diffusa e a una maggiore competitività.

Resta il fatto che i grandi colossi dell’aerospazio sono quasi tutti oltreoceano. Ma invece di vederlo come un ostacolo, dovremmo usarlo come un’opportunità per studiare e sviluppare partnership strategiche. L’Italia ha sempre dialogato con gli Stati Uniti e il Sud America, e oggi abbiamo l’occasione di consolidare queste relazioni attraverso nuovi modelli di collaborazione.

Lo stesso vale per l’Europa. L’accordo con il Mercosur, ad esempio, ha generato dibattiti e resistenze, soprattutto tra gli agricoltori, perché le regole di produzione e le normative ambientali sono più stringenti in Europa rispetto a quei mercati. È un esempio di come la competizione internazionale possa rappresentare una sfida, ma anche un’opportunità, se affrontata con la giusta strategia.

Infine, un aspetto cruciale è il coinvolgimento dei giovani. Troppo spesso la fabbrica viene vista con timore, come qualcosa di superato. Ma le fabbriche di oggi sono luoghi di innovazione, e quelle che lavorano nell’ambito spaziale lo sono ancora di più. Realtà come Thales Alenia Space o Argotec dimostrano che si possono creare eccellenze anche in Italia.

La chiave è combinare la creatività imprenditoriale con un management capace e orientato ai mercati internazionali. Questo significa attrarre investimenti, rendere le imprese più competitive e, soprattutto, creare lavoro qualificato.

Confindustria sta lavorando in questa direzione. Il nostro presidente è un forte sostenitore della necessità di rafforzare la competitività e l’attrattività delle imprese italiane. Anche a livello europeo, la nostra delegazione a Bruxelles lavora per supportare le attività delle nostre aziende.

Dobbiamo guardare avanti con fiducia: lamentarsi non serve, servono soluzioni concrete. E il modello della partnership strategica tra grandi imprese e PMI è una delle chiavi per costruire un futuro più solido per il nostro settore.

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Spazio-mare-Roberta-Busatto_

Giornalista, specializzata in Economia dello Spazio, in Economia del Mare e in Mindfulness - istruttrice MBSR e facilitatrice LEGO® SERIOUS PLAY® .Dal 2004 si occupa di Aerospazio e dal 2011 di Economia del Mare. Dirige Economia dello Spazio Magazine, Economia del Mare Magazine e Space& Blue Magazine, oltre a seguire le relazioni istituzionali ed esterne in questi settori per importanti stakeholder. Ideatrice del Progetto "Space&Blue Made in Italy" con il suo Forum Space&Blue e del Progetto "Blue Forum Italia network".