Space&Blue, Ongaro: Sinergie di competenze, tecnologie ed esplorazione

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Space&Blue Magazine: Intervista a Franco Ongaro Leonardo. Tra gli incarichi precedenti, Chief Space Business Officer di Leonardo e Presidente del CdA di Thales Alenia Space.

L’interconnessione tra l’Economia dello Spazio e l’Economia del Mare lascia intravedere potenzialità di sviluppo importanti per l’Italia.
Qual è la sua visione in merito? E quali aree di sinergia intravede?

Quando parlo di spazio a chi non è del settore faccio sempre una premessa: lo spazio non è una disciplina né un’economia. Lo spazio è un luogo, e uso come esempio proprio come il mare.

Quando dico che lo spazio non è una disciplina, ma un luogo, intendo dire che in questo luogo puoi fare tutto ciò che desideri. Pensiamo al mare: puoi andarci a pescare, fare turismo, esplorare, difendere il territorio, commerciare, e così via. Per lo spazio vale lo stesso principio.

Essendo un luogo, le sue applicazioni variano a seconda dell’evoluzione tecnologica. Si è iniziato con la Difesa, Sicurezza, la ricerca e la scienza, poi si è passati alle prime applicazioni, le telecomunicazioni, l’osservazione della Terra, ed al posizionamento e navigazione. Successivamente, lo spazio ha iniziato a essere utilizzato per la creazione di un habitat in orbita portando con sé la logistica. Infine, siamo arrivati grazie all’avanzamento tecnologico anche al turismo spaziale.

Quindi, quali sinergie esistono?

Al di là dello storico e di questo preambolo, partiamo da un esempio concreto: quando sei a casa, puoi restare connesso senza bisogno di satelliti perché vivi in una parte del mondo dove ci sono antenne a microonde ovunque.

Ma quando sei in mare aperto non è possibile; hai bisogno dello spazio e dei così detti servizi “satcom” per comunicare. Abbiamo i satelliti di geolocalizzazione e navigazione. Questi satelliti si basano sull’idea di Galileo di osservare le lune intorno a Giove e la loro posizione per determinare la tua posizione sulla Terra e sull’idea di misurare il tempo con grandissima precisione.

Noi abbiamo messo dei piccoli satelliti intorno alla Terra, che sono più facili da vedere rispetto alle lune di Giove e sono dotati di orologi atomici che forniscono un tempo preciso. Quindi, due metodi che erano in competizione, quello astronomico e quello basato sugli orologi, hanno fatto sì che lo spazio venisse in soccorso della navigazione in mare. Le sinergie in questo senso sono moltissime.

Ma non sono le sole…

C’è il commercio marittimo, l’uso delle risorse marine e l’impatto ambientale e l’inquinamento prodotto. Da questo punto di vista, lo spazio offre una visione globale e permette di ottenere misurazioni precise della capacità del mare e delle sue condizioni di salute – come le sentinelle del programma di osservazione della terra Copernicus. Man mano che la popolazione globale aumenta, la Terra si restringe e cresce la necessità di accordi internazionali per una convivenza armoniosa e per uno sfruttamento coordinato delle risorse naturali. In questo contesto, l’uso dei satelliti per monitorare la pesca, la costruzione di porti ed il traffico marittimo, e l’inquinamento del mare diventa fondamentale, creando una sinergia eccezionale.

Molto prima che uomini e donne si addentrassero nello spazio, il mare rappresentava il territorio sconosciuto ed esotico dell’avventura umana. Mi viene in mente l’immagine di un astronauta con un casco da palombaro fuori dalla Stazione Spaziale, simbolo dell’inizio dell’integrazione dell’uomo in un ambiente ostile per temperatura e pressione, dove non poteva respirare senza supporto. Molte lezioni apprese nello spazio provengono dalle esperienze sottomarine, e molte delle competenze sugli habitat come la stazione spaziale derivano da ciò che si è imparato in ambiente subacqueo.

Esiste una sinergia di competenze e di esplorazione tra mare e spazio. Per quanto riguarda il turismo, sebbene il paragone con lo spazio rappresenti un turismo estremo, siamo ancora lontani dall’avere hotel sotto il mare, ma sono convinto che ci arriveremo.

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Che ruolo può giocare l’Italia nel contesto globale investendo in questa integrazione?

L’Italia gioca naturalmente un ruolo importantissimo. Prima di tutto, perché è come una nave nel Mediterraneo, uno dei mari più importanti al mondo, e quindi ha un ruolo cruciale sia nella ricerca che come garante degli accordi di cui parlavo prima.

Siamo un Paese che può dire la sua nel Mediterraneo e può far sì che diventi un esempio nella conservazione e nella gestione delle risorse. Ci sono esperimenti virtuosi che dimostrano che non si uccide il business vietando la pesca in un tratto di costa per alcuni anni, ma si rendono più pescose le zone circostanti.

Accordi di questo tipo, che possono essere verificati dallo spazio, sono molto più facili da gestire rispetto all’ispezione in loco e rappresentano un grande progresso.

Come Leonardo può contribuire?

Leonardo ha un ruolo molto evidente in questo contesto. L’Italia è tra i leader mondiali negli strumenti elettro-ottici dallo spazio, sia che si tratti di strumenti iperspettrali, infrarossi, radiometri, ecc. Noi di Leonardo forniamo strumenti per le missioni più importanti.

La costellazione europea di osservazione della Terra Copernicus, e IRIDE dell’ASI, sono le più avanzate al mondo, ed includono alcuni degli strumenti ottici più importanti realizzati proprio da noi di Leonardo.

Produciamo gli orologi atomici e strumentazione elettronica e componenti per il programma di navigazione Galileo, sia in orbita che per i ricevitori a terra. Inoltre, se consideriamo le nostre joint venture Thales Alenia Space, Telespazio ed e-GEOS, possiamo affermare che il gruppo Leonardo è protagonista, coprendo l’intera filiera di sinergie di cui abbiamo parlato prima.
Infine, possiamo contribuire significativamente anche grazie alla nostra affinità con il settore marittimo, collaborando con Fincantieri.

Quali traiettorie tecnologiche e operative che interconnettono Spazio e mare ritiene più interessanti?

A livello tecnologico, l’investimento in Intelligenza Artificiale è fondamentale perché funge da acceleratore di progetti. Abbiamo a disposizione cent’anni di dati sul mare e sullo spazio. Anche con 1000 ingegneri, ci vorrebbero vent’anni per tirar fuori qualcosa di utile, con l’AI si apriranno enormi potenzialità in tal senso e in tempi estremamente ridotti. Questo è un chiaro trend di similitudine che però c’è anche con molti altri settori.

Se invece guardiamo alla ricerca, partendo dall’umanità e dall’esplorazione dello spazio e dei mari, la psicologia dell’isolamento e le contromisure necessarie, così come la medicina per coloro che sono isolati, sono tematiche molto comuni. Psicologicamente e fisiologicamente, prima di poter creare una base su Marte, ci vorrà del tempo. Gli astronauti sono in microgravità mentre i subacquei sono in pressione, ma entrambi usano aria riciclata, non possono aprire la finestra e sono soggetti a verifiche dei materiali utilizzati.

Un altro punto di vista interessante e significativo è che tutto il lavoro svolto dallo spazio per interpretare i dati ricevuti dalla Terra necessita di verificare se quello che vediamo è effettivamente quello che deduciamo. Per calibrare le immagini e capire cosa è vero e cosa non lo è, c’è molto lavoro da fare.

Le competenze italiane nella ricerca marina hanno un enorme impatto sulla capacità di interpretare ciò che vediamo dallo spazio. Questo richiede verifiche in loco, e più avanziamo, più queste aree di ricerca diventeranno sinergiche.

Come potrebbero essere integrate le competenze tra i due settori?

Come sempre, partirei dalla ricerca e dall’università, perché è il luogo della creazione e della formazione delle idee, che poi, l’industria si occupa di realizzare. Penso che sia estremamente opportuno prevedere corsi universitari che integrino competenze in entrambi i campi, non solo da un punto di vista specialistico, poiché questo avviene già. Gli esperti di oceanografia sanno bene cosa fanno i satelliti per l’osservazione della Terra e viceversa. Tuttavia, questo avviene a livello di specializzazione.

Sarebbe molto interessante introdurre nozioni integrate fin dai primi gradi scolastici. Durante le elementari e le medie, gli studenti potrebbero imparare qualcosa sia sul mare che sullo spazio. Al liceo scientifico, le conoscenze potrebbero diventare più specifiche. All’università, chi sceglie di studiare ingegneria aerospaziale o biologia marina difficilmente avrà occasione di vedere l’altro campo. Ad esempio, sarebbe utile per chi studia oceanografia avere un’idea più precisa di cosa fanno i satelliti di navigazione per determinare l’altezza delle onde o i satelliti di osservazione che possono rilevare diverse frequenze dello spettro elettromagnetico permettendo analisi che vanno dalla geologia, alla biologia, dal clima alla geografia. Questo potrebbe favorire un’integrazione maggiore.

Nel mondo dell’esplorazione umana, questa integrazione in parte avviene già, poiché gli astronauti fanno addestramento anche sotto il mare.

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Spazio-mare-Roberta-Busatto_

Giornalista, specializzata in Economia dello Spazio, in Economia del Mare e in Mindfulness - istruttrice MBSR. Dal 2004 si occupa di Aerospazio e dal 2011 di Economia del Mare. Dirige Economia dello Spazio Magazine, Economia del Mare Magazine e Space& Blue Magazine, oltre a seguire le relazioni istituzionali ed esterne in questi settori per importanti stakeholder. Ideatrice del Progetto "Space&Blue Made in Italy" con il suo Forum Space&Blue e del Progetto "Blue Forum Italia network".