La Legge Europea sullo Spazio

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Spazio : Il 13 Settembre 2023, nell’ambito della relazione sullo Stato dell’Unione, la Presidente Ursula von der Leyen ha presentato le priorità della Commissione per l’anno 2024.

Tra di esse, vi era l’adozione di una legge europea sullo spazio, basata su una proposta legislativa che la stessa Commissione si impegnava a presentare nel primo trimestre 2024.

Appare opportuno, tenuto anche conto del concomitante impegno del Governo italiano ad introdurre nel nostro ordinamento una legge nella stessa materia, effettuare il punto della situazione sullo stato di tale iniziativa comunitaria.

Difatti, i tempi, rispetto alle previsioni originarie, stanno slittando verso l’estate 2024 e non appare ancora chiaro quale sarà l’effettivo contenuto di tale importante provvedimento di cui si conoscono unicamente gli elementi ed obiettivi fondamentali.

Gli obiettivi di una legge europea sullo spazio

La lettera di intenti della Commissione prevede che la legge comunitaria sarà fondata sui seguenti pilastri:

  1. la sicurezza, in modo da assicurare un traffico satellitare sicuro che contrasti il crescente rischio di collisioni e danni conseguenti alla circolazione dei detriti;
  2. la resilienza, con l’obiettivo di proteggere le infrastrutture e gli assets spaziali comunitari e nazionali da minacce esterne (in particolare, i cyberattacks);
  3. la sostenibilità, al fine di proteggere l’equilibrio a lungo termine delle operazioni spaziali, garantendo la capacità dell’UE di fare affidamento sullo spazio quale importante strumento per l’ampliamento dei servizi e la crescita economica.

Come noto, i servizi relativi allo spazio e quelli basati su dati derivanti da fonti ad esso connesse, sono utilizzati in maniera crescente e in settori economici differenti e supportano sia  l’implementazione di politiche pubbliche, sia iniziative private di natura commerciale, per facilitare la vita dei cittadini europei (creando, nel contempo, nuove opportunità, in quella che è definita la “new space economy”).

Inoltre, le tecnologie acquisite possono trovare ampio sviluppo ed applicazione nel settore della difesa e della sicurezza, della transizione digitale e verde.

Il contesto attuale vede una sempre maggior congestione dello spazio, favorito dal decremento dei costi dovuto alla riutilizzabilità del lanciatori ed allo sviluppo dei microlanciatori.

La presenza di nuovi protagonisti e l’aumento dei rischi  tecnologici per la sicurezza e la sostenibilità delle operazioni spaziali, costituiscono le premesse che hanno indotto la Commissione a ritenere necessario un intervento legislativo in tale complessa materia.

Nel 2021 il documento “Action Plan on synergies between civil, defence  and space industries” annunciava lo sviluppo di una strategia europea per lo “Space Traffic Management (STM”)”, vale a dire la gestione del traffico spaziale.

In seguito, molte decisioni del Consiglio hanno ribadito la necessità per l’Unione Europea di intraprendere azioni per lo sviluppo dello STM.

Gli Stati europei hanno, di recente, riconosciuto il ruolo che la Commissione potrebbe esercitare nel facilitare il coordinamento degli sforzi dei Paesi membri in ordine alla legislazione in tale materia ed agevolare la convergenza delle posizioni nazionali  rispetto ad un approccio eurounitario sullo STM.

Tali sforzi dovrebbero essere intrapresi senza pregiudizio per le competenze nazionali, preservando in particolare il ruolo degli Stati membri nello sviluppo, supervisione ed applicazione delle regole in materia di traffico spaziale.

Nel 2022, la comunicazione congiunta “an EU Approach for Space Traffic Management”, ha stabilito una serie di azioni che l’Unione Europea avrebbe dovuto intraprendere rispetto a questa sfida globale.

Il Joint Communication on the EU Space Strategy for Security and Defence, adottato il 10 Marzo 2023, ha da ultimo sottolineato la necessità di proteggere  la resilienza dei sistemi e servizi spaziali europei.

Tale Strategia presuppone un coerente quadro a livello europeo di sicurezza che funga da complemento ai singoli strumenti legislativi comunitari che affrontano la resilienza di infrastrutture critiche (Direttiva CER) e in materia di cybersicurezza (Direttiva NIS 2).

E’ in tale contesto che la Commissione sta esplorando la possibilità di proporre una legge spaziale europea che stabilisca regole comuni tra i Paesi dell’Unione in materia di sicurezza, resilienza e sostenibilità delle operazioni ed attività spaziali.

Per raggiungere tale risultato, sono state attivate una serie di consultazioni mirate e gruppi di lavoro con gli stakeholders per valutare opzioni ed impatto di tale normativa, denominata “Targeted Consultation on EU Space Law”.

In particolare, nell’invito della Commissione Europea alla presentazione di contributi, veniva evidenziato che tale iniziativa si basa sul programma spaziale dell’UE del 2021 e sul piano di azione elaborato lo stesso anno sulle sinergie tra l’industria civile, della difesa e dello spazio, indicati come una priorità fondamentale per il 2024 nella citata lettera di intenti del Presidente della Commissione.

I problemi che tale iniziativa legislativa intendeva affrontare, venivano così sinteticamente individuati:  

  1. la congestione dello spazio causata dall’incremento del traffico spaziale e dall’aumento dei detriti, con crescente rischio di collisione in orbita tra satelliti, il cui numero, solo tra il 2021 ed il 2022, ha registrato un aumento di quasi il 44%;
  2. l’aumento del livello di minaccia e la mancanza di un riferimento coerente in materia di resilienza/sicurezza, dovuto alle tensioni geopolitiche che hanno incrementato le minacce alle infrastrutture spaziali quali attacchi informatici e test antisatellite effettuati da Paesi terzi;
  3. la mancanza di un quadro per il monitoraggio e la misurazione sistematica dell’impatto ambientale delle attività spaziali, poiché gli attuali metodi relativi all’impronta ambientale non sono in grado di misurare l’intero ciclo di vita delle attività spaziali e non esistono dati o metodi di calcolo che consentano di conoscere e confrontare l’impatto ambientale delle attività spaziali sulla Terra e nello spazio.

Tale situazione impedisce alle imprese dell’industria spaziale dell’UE di rispettare pienamente i requisiti della legislazione dell’UE in materia di sostenibilità, ad esempio nell’ambito del regolamento sulla tassonomia e della direttiva sulla progettazione ecocompatibile;

  • la frammentazione del mercato unico, con la conseguenza che gli operatori ed i produttori del settore spaziale devono rispettare requisiti nazionali divergenti, che si moltiplicano con l’aumento del numero di leggi nazionali in materia di spazio nell’UE; per l’effetto, viene limitata la libera circolazione dei servizi/beni e compromessa la competitività della ricerca spaziale e dell’industria spaziale dell’UE (anche a livello mondiale).

Allo stato attuale, in ambito comunitario, si applicano gli orientamenti non vincolanti esistenti in materia di sicurezza e sostenibilità dello spazio, nonché un metodo generale per la valutazione del ciclo di vita; le norme vincolanti sono stabilite a diversi livelli dalle normative nazionali in materia di spazio ed attraverso la futura attuazione delle direttive NIS 2 e CER, nonchè dall’applicabilità della legge sulla ciberresilienza (non ancora  adottata dal Consiglio dell’UE e dal Parlamento europeo).

Da un punto di vista degli obiettivi e delle opzioni strategiche, venivano considerate tre possibili alternative:

  • Opzione strategica 1, che prevede l’adeguamento a misure non vincolanti, rispetto alle quali l’UE istituirebbe un meccanismo mediante il quale compensare il rispetto delle norme, delle migliori pratiche e degli orientamenti più pertinenti (esistenti e da sviluppare) in materia di sicurezza, resilienza e sostenibilità;
  • Opzione strategica 2, con la creazione di un quadro giuridico vincolante da parte dell’Unione Europea che preveda norme in materia di sicurezza e resilienza, oltre a raccomandazioni non vincolanti in materia di sostenibilità, al fine di stabilire un approccio coerente che eviti una indebita frammentazione del mercato unico dei servizi, dei prodotti e delle attività spaziali;
  • Opzione strategica 3, con l’adozione di accordi bilaterali con Paesi al di fuori dell’UE riguardanti la sicurezza, la resilienza e la sostenibilità dello spazio.         

Nella loro essenza, le misure chiave che dovrebbero essere incluse nella legge spaziale europea, combinano una serie di misure relative alla sicurezza spaziale (incluse misure anticollisione e rimozione dei detriti), provvedimenti relativi in materia di resilienza (regole sulla gestione del rischio che coprano la cybersecurity e la protezione fisica degli assets spaziali) e misure di sostenibilità (metodologia per la misurazione e riduzione dell’impatto ambientale delle attività spaziali sulla terra, lungo il loro intero ciclo di vita).

Tali misure, che potrebbero essere accompagnate anche dalla promozione di una etichetta di cd. spazio sicuro, dovrebbero essere applicate a tutti gli assets di proprietà dell’Unione, così come ai beni degli Stati membri (sia di natura pubblica che di proprietà di entità commerciali che forniscano servizi spaziali nell’Unione Europea).

Per raggiungere tali obiettivi  generali, sarà necessario:

  •  limitare il rischio di collisione ed interferenze tra oggetti spaziali ed il contesto che li circonda;
  • favorire attività neutrali a livello climatico ed uguale uso dello spazio;
  • aumentare il livello collettivo di resilienza dell’Unione  Europea, proteggendo i sistemi spaziali ed i servizi basati sullo spazio;
  • assicurare la competitività della industria e della ricerca europea.  

Il 9 Aprile 2024, nel corso di un intervento ai membri della Commissione Industria, Ricerca ed Energia del Parlamento Europeo, il Commissario per il Mercato Interno Thierry Breton ha riferito che la Commissione ha necessità di un “extra time” per presentare la proposta legislativa di una legge spaziale europea, realisticamente dopo le elezioni europee previste nel Giugno 2024.

Tale slittamento, costituisce, peraltro, un ulteriore ritardo, non solo rispetto al mese di Aprile 2024 precedentemente previsto, ma anche rispetto a quello originariamente indicato come obiettivo della Commissione, del primo trimestre 2024.

Tale ritardo, se giustificato dalle implicazioni politiche  connesse alla concomitanza di un impegno elettorale, testimonia, tuttavia, anche le difficoltà legate al contenuto specifico di uno strumento normativo di tale portata, tra le pressioni delle aree politiche che spingono per l’adozione di misure urgenti a tutela dell’ambiente e della sicurezza (nel mese di Dicembre 2023, è stato rilevato, un milione di detriti tra 1 e 10 centimetri erano in orbita intorno alla Terra) e chi enfatizza la necessità che venga adottato un “robusto” impianto legislativo, anche se ciò implica ulteriori ritardi.

E, ancora, il nodo relativo ai rapporti ed eventuali sovrapposizioni con le leggi nazionali e la preoccupazione delle industrie degli Stati membri, circa la possibile introduzione di standards che le rendano meno competitive o addirittura di criteri di doppia conformità per la medesima attività.

Non può, inoltre, essere trascurato il fatto che l’Unione Europea detiene due costellazioni di satelliti, il sistema di osservazione della Terra Copernico ed il sistema di navigazione terrestre (GNSS) Galileo, mentre una terza costellazione, Iris 2, che fornirà connessione internet dai satelliti, è stata programmata e dovrà essere implementata per rafforzare l’indipendenza da tecnologie non europee (proprio il Commissario Breton ha evidenziato la necessità di tale sistema, facendo riferimento al ricorso da parte dell’Ucraina alla costellazione Space X di Elon Musk, dopo l’attacco russo alle proprie infrastrutture nel settore delle telecomunicazioni).

Il ritardo nell’approvazione della legge si ripercuote, quindi, anche sulle firme dei contratti per lo sviluppo della costellazione Iris 2 che il Consorzio di industrie produttrici, che include Airbus Defence and Space, Thales Alenia Space e Ariane Space, attendeva entro Marzo 2024.

Allo stato attuale, sono noti pochi dettagli sull’effettivo contenuto di tale legge (la cui bozza, è stato riferito da fonti comunitarie, è di 150 pagine), aldilà dei suoi obiettivi generali: ad esempio, il Commissario Breton ed altri funzionari hanno riferito che aiuterà a creare un “mercato unico” per lo spazio nell’Unione Europea; ad armonizzare le differenze esistenti nelle normative nazionali ed a regolamentare altresì le materie della cybersicurezza e sostenibilità spaziale, il cui ambito soggettivo di applicazione coprirebbe sia le imprese europee, sia quelle straniere che opereranno in ambito UE.

In questa fase ancora di confronto sul contenuto del testo, appare, quindi, opportuno un approfondimento sulle varie questioni che dovranno essere in concreto affrontate nella redazione del provvedimento, traendo spunto anche dai contributi provenienti dagli stakeholders, pubblici e non, ai quali la stessa Commissione aveva chiesto di proporre la loro visione rispetto agli obiettivi che la legge intende perseguire.

Contenuti e principi della Legge spaziale europea

Come evidenziato, le premesse di tale intervento legislativo sono costituite dal:  (i) contesto politico europeo, che in una serie di documenti ha stabilito la necessità di perseguire gli obiettivi di sicurezza, resilienza e sostenibilità delle operazioni spaziali; (ii) la eterogeneità delle legislazioni domestiche, avendo ben 11 Stati membri già adottato proprie leggi nazionali; (iii) le conseguenze negative di una inerzia dell’UE in tale settore, in termini di frammentazione del mercato e perdita di competitività del comparto industriale europeo.

Il mercato europeo dello spazio è caratterizzato dalla presenza di autorità nazionali pubbliche, da operatori privati presenti da tempo (Thalès-Alenia, Airbus, Eutelsat, SES, etc.) e da industrie di minori dimensioni.

La Commissione, subito dopo la dichiarazione della Presidente von der Leyen, ha lanciato una consultazione per raccogliere il parere degli stakeholders sulle molteplici questioni legate alla introduzione di una legge europea, in particolare sugli eventuali aspetti controversi rispetto alle legislazioni esistenti e sulla necessità di prevedere norme che tengano conto della concorrenza internazionale.

Proprio su tale ultimo aspetto, l’Industria Spaziale Europea, che per ovvie ragioni costituisce il principale interlocutore in tale dibattito, ha manifestato la propria condivisione di tali obiettivi, vale a dire quelli di operare nello spazio in modo sicuro e sostenibile e di stabilire un quadro normativo certo e stabile; ma ha, allo stesso tempo, espresso la propria preoccupazione che le future proposte legislative siano di effettivo supporto della sua competitività e non rischino viceversa di indebolire la buona posizione acquisita in mercati limitati ove la concorrenza non è soggetta agli stessi vincoli regolatori.

Per tali ragioni, nel documento presentato nell’Ottobre 2023, che rappresenta la posizione ufficiale di tale settore, è stato richiesto che la normativa che verrà introdotta si applichi a tutti gli stakeholders non europei che intendano operare nel mercato dell’Unione, per non creare distorsioni concorrenziali; che la futura regolamentazione non preveda (se non a fronte di adeguate misure di supporto) costi aggiuntivi che penalizzino l’industria europea e che, infine, sia applicato un principio di preferenza a favore dell’industria europea.

Sul punto, è importante evidenziare che a livello internazionale diversi Stati operanti attivamente in tale settore, hanno emanato numerose norme a protezione delle industrie spaziali nazionali, in tal modo precludendo o limitando indirettamente l’accesso a quelle europee in tali mercati. E’ il caso, in particolare, degli Stati Uniti, ma anche, ad esempio, dell’India e del Giappone.

In termini generali, si può registrare una unanimità di consensi rispetto alla introduzione di una legge spaziale europea, sia rispetto agli obiettivi prefissati, che ai vantaggi che ne deriverebbero a livello economico e sociale.

La certezza del quadro normativo e l’armonizzazione delle leggi interne è considerato un valore aggiunto che, da una parte, rafforzerebbe la forza negoziale del comparto in sede internazionale (sia a livello bilaterale che in più ampi consessi); dall’altra, proteggerebbe le ambizioni e la sovranità dell’Europa.

Il settore industriale, nel corso di tale fase di contrattazione, ha evidenziato quelle che rappresentano nel contempo le sfide ed opportunità da affrontare:

  1. i maggiori costi per le imprese spaziali per adeguarsi agli standards ed obbligazioni che verranno imposti, che non dovranno comportare ulteriori oneri finanziari per gli interventi necessari sulle infrastrutture, per gli adeguamenti tecnologici e per le modifiche operative; pertanto, tali provvedimenti dovranno essere accompagnati da mirate misure di supporto in termini finanziari e da atti  che consentano di gestire il periodo transitorio anche rispetto alle missioni già in corso;
  2. la perdita di competitività rispetto agli altri operatori internazionali, per cui dovrà essere evitato che gli impatti sui costi e l’innovazione si traducano in una perdita di quote di mercato, anche  con riferimento alla possibile riduzione della presenza di operatori che (ad esempio, nel caso in cui la normativa per la realizzazione ed operatività dei satelliti sia troppo stringente), potrebbero decidere di riallocare le loro attività in Paesi dove il quadro regolatorio è meno rigido;
  3. un approccio realistico da un punto di vista tecnologico, basato su standards tecnicamente e finanziariamente possibili ed attuali, particolarmente nel settore della rimozione dei detriti e dei satelliti inidonei ad attivare dispositivi fine-vita. A tale proposito, si è suggerito, ad esempio, che la regolamentazione in tale materia faccia riferimento a parti della Legge francese sulle operazioni spaziali (FSOA) e/o alle linee guida ISO 24113, che costituiscono i modelli comunemente accettati a livello internazionale sulla mitigazione dei detriti.

Le principali obiezioni che sono state sollevate in ordine alla adozione di una legge europea sullo spazio, hanno per oggetto:

  1.  in primo luogo, la mancanza di competenze comunitarie in  materia, ancorchè le attività spaziali hanno indubbiamente implicazioni, sia con riferimento al mercato interno che sull’ambiente (settori di competenza comunitaria).
  2. Una seconda obiezione riguarda eventuali profili di incertezza giuridica, tenuto conto che le legislazioni nazionali regolamentano essenzialmente le attività necessarie per l’attuazione di quanto previsto dall’art. 6 del Trattato sullo spazio; non potendo, il diritto spaziale europeo, porsi l’obiettivo di una armonizzazione tra tali normative, la nuova legge potrebbe costituire un fattore destabilizzante rispetto alle regolamentazioni interne.
  3. Terzo aspetto potenzialmente negativo di tale normativa, è stato individuato nella mancanza di scadenze, considerato, da una parte, che gli Stati membri hanno sviluppato una loro politica e normative con prospettive a medio e lungo termine; dall’altra, che l’attuazione di molti regolamenti concernenti il settore spaziale, è imminente e potrebbe essere influenzata da tale nuova normativa. Ad esempio, l’entrata in vigore della Direttiva NIS 2 e della Direttiva per la resilienza di infrastrutture critiche che coprono servizi importanti ed essenziali e si rivolgono ad enti strategici nell’ambito di tale settore, è prevista entro l’Ottobre del 2024 e la nuova normativa potrebbe ampliarne la portata, provocando, tuttavia, un ulteriore slittamento dei tempi per la loro attuazione.

Alla luce di tali obiezioni, appare, quindi, chiaro che la legge spaziale europea dovrà trovare un punto di equilibrio, da un lato,  tra sostenibilità e sicurezza; dall’altro, rispetto ad una valutazione delle missioni e delle attività basata principalmente in termini di determinazione dei rischi attuali e potenziali.

Inoltre, per incentivare l’applicazione della normativa comunitaria ed il supporto dell’industria europea, dovrà essere prevista l’adozione di misure di sostegno finanziario, di incentivi fiscali, di certificazioni europee in materia di sostenibilità e sicurezza.

In tale contesto, è opportuno segnalare, in quanto indicativa dell’approccio adottato da una delle principali potenze spaziali del continente, la Risoluzione dell’Assemblea Nazionale Francese del 5.3.2024, con la quale l’Unione Europea è stata espressamente invitata ad adottare regolamenti che disciplinino le attività spaziali civili e sostengano la competitività degli attori europei mediante introduzione di norme comuni vincolanti ed un quadro giuridico chiaro e comprensibile; in tal modo, verrebbe favorito e sostenuto lo sviluppo degli operatori spaziali europei, imponendo lo stesso livello di requisiti agli operatori non europei che forniscano servizi all’interno dell’Unione, pur preservando le capacità di esportazione delle imprese europee.

Nelle premesse di tale Risoluzione, veniva evidenziata la necessità per l’Unione Europea di disporre di una industria spaziale sovrana ed innovativa nel settore delle telecomunicazioni e della difesa, considerata anche la crescente dipendenza dai dati e dai servizi spaziali tale da comportare un elevato livello di rischio strategico. Tale documento richiamava, inoltre, la dichiarazione trilaterale firmata da Francia, Italia e Germania e la Risoluzione  del Consiglio dell’Agenzia Spaziale Europea del 6.11.2023 a Siviglia, per garantire all’Europa un accesso autonomo allo spazio.

Rapporti tra legge europea e legislazioni nazionali.

Con il Trattato di Lisbona dell’1.12.2009, l’Unione Europea ha acquisito personalità giuridica internazionale e nuove competenze in materia di sicurezza, difesa e politica spaziale, come previsto dall’art. 189 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea.

La capacità di sottoscrivere accordi internazionali attribuita dal Trattato, rafforza il ruolo del Parlamento europeo nello stabilire linee programmatiche e di indirizzo in tale settore, finalizzate alla promozione del progresso scientifico  e della competitività industriale, con il limite di non poter intervenire direttamente in materia di armonizzazione delle legislazioni nazionali.

Il rinnovato interesse delle istituzioni europee nello spazio extra-atmosferico è testimoniato dalla adozione del Regolamento 2021/696 che ha istituito l’EUSPA (European Union Space Programme Agency) ed ha organizzato gli aspetti operativi e commerciali delle più importanti iniziative europee in campo spaziale (Galileo e Copernico), ponendo altresì la base per l’obiettivo strategico dell’Unione di posizionarsi tra le potenze spaziali a livello internazionale.

Nel 2022, l’UE ha riconosciuto che lo spazio costituisce un dominio che ha un ruolo determinante per la società, l’economia, la sicurezza e la difesa comunitarie, principio che è alla base del c.d. Strategic Compass designato per rafforzare le politiche eurounitarie difensive e di protezione sino al 2030.

Secondo il Commission Work 2024 Programme pubblicato il 17.10.2023, la proposta legislativa è formulata sulla base degli articoli 114 e 191, il che lascia aperta la questione relativa alla applicazione dell’articolo 189 (2) del Trattato ed in particolare l’esclusione dell’armonizzazione ivi prevista.

Pertanto, occorrerà tenere conto che in questa materia, in base agli articoli 4 e 189 del Trattato, le competenze degli Stati membri, ad esempio in materia di condizioni ai fini del rilascio delle licenze, non dovranno essere pregiudicate, così come il loro diritto di continuare ad esercitare i diritti e le libertà di cui godono in base agli accordi ONU sullo spazio, così come il dovere di rispettare le  relative obbligazioni, senza interferenze da parte della nuova normativa comunitaria.

Del resto, in questo settore devono essere tenuti in debita considerazione, sia la natura duale di numerose tecnologie ed attività spaziali, sia gli interessi nazionali ed il principio di sussidiarietà che regola le obbligazioni degli Stati membri a livello internazionale.

La proposta di legge, evidentemente non a caso, non affronta il tema della commercializzazione delle attività nello spazio, anche se alcuni settori dell’industria hanno rilevato che una direttiva specifica potrebbe costituire un forte impulso in tale settore.

Un ulteriore tema è costituito dalla opportunità o meno che l’UE dichiari la sua accettazione ai Trattati internazionali in materia di spazio conclusi sotto l’egida ONU, considerato, ad esempio, che l’attività di autorizzazione e continua supervisione delle attività spaziali che, secondo l’art. 6 del Trattato sullo Spazio del 1967, deve essere effettuata dallo “Stato appropriato”, è una questione di diritto internazionale generale e non di mercato interno.

In sostanza, qualsiasi normativa dovrà inserirsi nel quadro internazionale esistente, sia a livello convenzionale che di strumenti di soft law e di linee guida, prevalentemente elaborati nell’ambito dell’ONU ed in particolare dall’UNCUOPOS, dall’Agenzia Spaziale Europea (ESA), dallo IADC e dalla NASA.

L’opinione diffusa è che la nuova legge debba creare un quadro legislativo duraturo e chiaro che favorisca investimenti a lungo termine e garantisca che le future attività spaziali siano sicure e sostenibili, mediante il ricorso a norme convenzionali, piuttosto che a misure di soft law (come delineato quale Opzione 1 nel questionario inviato dalla Commissione).

La regolamentazione in materia di sicurezza nello spazio.

La sicurezza dello spazio, come già evidenziato, costituisce uno dei pilastri della futura normativa europea.

L’obiettivo è quello di incoraggiare la convergenza delle posizioni nazionali senza pregiudicare la competenza degli Stati membri  nel tracciare, supervisionare  ed applicare le norme in questo settore, dirette a salvaguardare il benessere e la vita degli astronauti, delle astronavi e dell’ambiente orbitale.

Nell’ambito delle consultazioni avviate alla fine del 2023, il rischio di collisione nello spazio e nella fase di rientro delle missioni  spaziali con i detriti, ha costituito uno dei temi centrali di dibattito.

A tale proposito, è stato altresì proposto di stabilire una scala di rischio in materia di sicurezza spaziale (collisione accidentale, sindrome di Kessler, interruzione dei servizi spaziali essenziali, vittime sulla superficie terrestre di detriti rientranti nell’atmosfera e rischi derivanti dai detriti all’astronave in volo ed agli astronauti nella stazione spaziale).

La questione della riduzione del rischio e della prevenzione degli incidenti è stata affrontata anche con riferimento alla adeguatezza o meno delle attuali normative, sia nazionali che internazionali e sulla eventuale necessità di ulteriori requisiti specifici o raccomandazioni. Sul punto è emerso un diffuso consenso  circa la sufficienza delle Space Debris Mitigation Guidelines del 2007 e della European Space Agency’s Zero Debris Charter, nonché degli attuali standards internazionali quali la ISO 24113.

L’adozione di standards comuni, eviterebbe altresì il fenomeno del c.d. forum shopping da parte degli operatori ed assicurerebbe un livello di responsabilità collettiva corrispondente al fattore di rischio connesso ad ogni singola missione, basato sulla sua durata, altitudine, attività ed altri fattori rilevanti.

Si ritiene, dalla maggioranza delle opinioni espresse, che la crescita e lo sviluppo del settore spaziale europeo, così come quella di ogni altro avente natura strategica, non dovrebbe essere scoraggiata da un eccessivo flusso di oneri amministrativi e regolatori che incidano negativamente sulla competitività delle imprese europee.

Ad esempio, le direttive CER e NIS2 già coprono alcuni aspetti del settore spaziale, in tema di cybersicurezza e requisiti di resilienza; pertanto, qualora ciò sia ritenuto compatibile con il Trattato sul funzionamento dell’UE, eventuali ulteriori integrazioni rispetto a quanto già previsto da tali direttive, dovrebbero essere limitate ai soli enti nevralgici che svolgono un ruolo indispensabile per l’Unione.

Come si è detto, nel questionario diffuso dalla Commissione tra i portatori di interesse, era indicata anche una “Policy Option 1” che suggeriva l’adozione di misure non vincolanti per gli Stati membri ed a base volontaria, inclusa una sorta di marchio comunitario destinato a dimostrare un comportamento responsabile nello spazio ed un eventuale criterio di preferenza nelle gare e nel finanziamento pubblico, in tal modo trasformando gli standards da rispettare, in garanzia di qualità ed affidabilità a favore di operatori virtuosi.

Tuttavia, l’opzione che appare più accettata è costituita dalla “Policy Option 2”, caratterizzata da un approccio ibrido e flessibile che consenta una differente applicazione di misure di sicurezza tra, ad esempio, missioni commerciali di modeste dimensioni nella orbita inferiore e quelle ad alto rischio nella orbita geostazionaria.

Sotto il profilo dell’impatto ambientale delle attività spaziali, da diversi stakeolders è stato evidenziato, in primo luogo, che vi è ancora una scarsa conoscenza circa gli effetti duraturi di tali  attività sulla Terra, dovuta principalmente alla assenza di un modello di analisi globale di ciclo-vita e di indicatori condivisi in relazione al loro impatto. Per tale ragione, la proposta di legge fa riferimento al metodo basato sulla impronta ambientale del prodotto (Product Environmental Footprint) che determina l’impatto ecologico dei prodotti durante il loro intero ciclo-vita, che secondo alcuni pareri, dovrebbe essere altresì coordinato con gli standards “Environmental Social and Governance”, vale a dire quei fattori di tipo ambientale, sociale e di governance che qualificano una attività come sostenibile.

Rapporti tra la normativa comunitaria e quelle extraeuropee

Il rapporto tra la futura normativa e la giurisdizione applicabile nelle attività svolte dagli operatori UE in ambito internazionale, costituisce una delle questioni più delicate che dovranno essere affrontate.

Difatti, al fine di evitare controversie in caso di missioni effettuate in Paesi extra UE, dovranno essere introdotti criteri certi per determinare la giurisdizione e l’applicabilità della normativa comunitaria.

Si considerino, ad esempio, le difficoltà in cui le industrie e gli operatori in ambito europeo, potrebbero trovarsi laddove svolgano attività in Stati con regolamenti, procedure di autorizzazione o standards tecnici diversi da quelli europei; per tali ipotesi, il settore industriale ha suggerito, da una parte, di prevedere procedure di collaborazione e di riconoscimento ed una armonizzazione degli standards tra l’UE e gli Stati terzi; dall’altra, di stabilire accordi commerciali ed ogni altro possibile strumento diplomatico, qualora nei Paesi non UE siano previste restrizioni nel mercato e/o vincoli  nell’export o diversi regimi di responsabilità, che rendano le imprese europee meno competitive.

Naturalmente, la parità delle condizioni di accesso  dovrà sussistere anche nel caso, viceversa, in cui siano operatori stranieri a svolgere le loro attività all’interno dell’Unione, con l’obbligo di aderire alla relativa regolamentazione comunitaria.

A tale proposito, è stata sottolineata la necessità che gli investimenti stranieri in un settore strategico quale quello spaziale, siano soggetti ai controlli previsti dal Regolamento  2019/452 (conosciuto come il FDI Screening Regulation).

Importante, sotto tale profilo, sarà anche il rispetto da parte delle imprese estere che raccolgono, processino o trasferiscano dati personali di persone fisiche o giuridiche UE, della normativa comunitaria in materia di privacy e protezione dei dati (GDPR).

La resilienza in ambito spaziale

Allo stato attuale, non esiste una precisa definizione di resilienza nel settore dello spazio, ove tuttavia viene fatto spesso ricorso ad espressioni e termini diversi tra loro, pur accomunati dal concetto generale di abilità di un sistema di fornire costante supporto (o della capacità di continuare ad operare) in caso di azioni ostili o condizioni avverse e, quindi, di completare la propria missione.

Le innovazioni tecnologiche, come le piattaforme digitali flessibili ed i segmenti a terra basati sul cloud, hanno determinato nuove vulnerabilità e minacce.

A tale proposito, il comparto industriale ha proposto  che vengano applicati specifici principi legati al concetto di resilienza, quali: la separazione dei servizi,  evitando di usare piattaforme o sistemi condivisi o ospiti; la distribuzione dei nodes o assets per definire un servizio; la diversificazione delle orbite, piattaforme e sistemi per assicurare l’accesso ad un servizio; la proliferazione, ponendo l’obiettivo di un alto livello di ridondanza ed archiviazione  dei dati  in ambienti separati ed utilizzo di più sistemi; la protezione, con adozione di soluzioni tecniche passive per la salvaguardia dell’hardware e software ai fini della sicurezza dei sistemi; la prevenzione, con sistemi organizzativi predisposti, inclusa l’adozione di tests dedicati;  piani di recupero e ripristino, con conseguente capacità di riabilitare rapidamente il sistema in caso di interferenze esterne.

Il settore spaziale affronta attualmente diversi tipi di rischi e pericoli: fisica cinetica, fisica non cinetica, elettronica, inceppamenti nei collegamenti verso l’alto e verso il basso (uplink jamming e downlink jamming) falsificazione di identità c.d. spoofing e cibernetici (intercettazione o controllo dei dati, correzione dei dati, presa di controllo).

Nell’ambito di tali minacce, due sono in particolare rilevanti ai fini della Legge spaziale europea:

attacchi elettronici, che hanno per obiettivo i canali attraverso i quali i sistemi spaziali trasmettono e ricevono dati da segnali con frequenze radio, con conseguente necessità di sviluppare contromisure nei confronti di accessi non autorizzati ed attacchi c.d. jamming e spoofing;

attacchi informatici, che a differenza degli attacchi elettronici, hanno per obiettivo i dati stessi ed i sistemi che li utilizzano; pertanto, le  antenne e le stazioni terrestri e tutti i terminali connessi ai satelliti sono potenziali punti di intrusione per i cd. cyberattacks nei confronti degli archivi delle banche dati, centri C2 e le unità di elaborazione.

Più specificamente, nell’ambito degli attacchi elettronici e della cyber security, possono essere identificate quattro principali minacce:

  • sicurezza della catena di fornitura globale (Global supply chain security);
  • attacchi contro i collegamenti tra satelliti e stazioni di  controllo terrestre;
  • attacchi su C2 (Command & Control) terrestri, stazioni di relè dati e sistemi terrestri;
  • attacchi nei confronti del segmento di utente di un sistema spaziale (terminali o apparecchiature).

Per contrastare tali elementi di rischio, l’Industria Spaziale Europea ha raccomandato che, sul presupposto che l’intero settore spaziale debba essere considerato di alta criticità (includendo in tale ambito anche gli operatori ed i fornitori in ambito terrestre e spaziale), vengano adottate nella futura legge: una chiara definizione di resilienza nel contesto spaziale;  l’obbligo di mantenimento di infrastrutture ed apparati in condizioni di sicurezza; adeguati standards di sicurezza ed idonei sistemi di protezione da attacchi elettronici ed informatici.

In tale contesto, tutti gli stakeholders coinvolti nella filiera, ad iniziare dal cliente, dovranno assicurare l’adozione di sicure procedure di sviluppo del software, nonché di sistemi e criteri di cybersecurity, sia in ambito satellitare che nei sistemi a terra.

La resilienza dell’intera catena di approvvigionamento è comunemente considerata cruciale per l’industria e per l’autonomia, con conseguente opportunità di applicare, con un approccio flessibile, il corretto livello di standards per ciascuna missione, tale da garantire l’equilibrio della filiera.

Proprio per quanto attiene al requisito della sostenibilità, l’Europa, come noto, dipende ampiamente dai sistemi USA di Space Situational Awareness per evitare collisioni, per l’operatività delle manovre e, in generale, per tutte le dinamiche quotidiane dell’ambiente spaziale.

Anche in questo caso, è stato suggerito lo sviluppo di affidabili soluzioni sovrane (nella direzione avviata dal sistema europeo di sorveglianza e tracciamento europeo nello spazio (EUSST), sia da un punto di vista tecnico che operativo.

Il sistema industriale europeo, pertanto, ha suggerito la creazione di un mercato interno europeo per i dati SSA ed i servizi connessi, per migliorare la valutazione dei rischi spaziali nel modo più efficiente possibile e commercialmente praticabile ed aumentare, anche sotto tale profilo, l’autonomia dell’UE.

Conclusioni

Il metodo utilizzato dalle istituzioni europee per tracciare una nuova legge spaziale, appare condivisibile, poiché con l’apertura a consultazioni con gli stakeholders sulla bozza della legge, sono state acquisite una pluralità di opinioni che ridurranno il rischio di critiche e ne aumenteranno la condivisione.

Sugli obiettivi che la legge intende perseguire vi è un sostanziale consenso, tenuto anche conto che appare improbabile che venga adottato un nuovo strumento giuridico a livello internazionale.

E’ emersa  una generale approvazione dei pilastri della nuova legge, vale a dire quelli di sicurezza, sostenibilità e resilienza e dell’obiettivo che tale legge si propone, ovvero di accrescere il valore concorrenziale dell’Industria Spaziale Europea, tenendo conto, nel contempo, della protezione degli interessi strategici e dei necessari requisiti in materia ambientale e con un giusto equilibrio tra tali esigenze.

Occorrerà in concreto verificare se gli Stati membri consentiranno all’UE di posizionarsi come entità soggettiva di riferimento nella comunità internazionale, poichè, mentre l’art. 114 del Trattato sul Funzionamento dell’UE relativo alle misure per allineare le normative interne, è considerato come la base primaria dello sviluppo di una legge spaziale europea; l’art. 189, pur prevedendo la possibilità per l’UE di coordinare gli sforzi necessari per l’esplorazione e l’uso dello spazio, lascia agli Stati membri la competenza esclusiva di organizzare gli aspetti amministrativi e procedurali relativi alla loro attività internazionali, incluse quelle inerenti i permessi, la registrazione ed il regime di responsabilità.

La Commissione dovrà, pertanto, tenere conto delle specifiche caratteristiche delle attività spaziali nazionali e delle relative strategie, garantendo nel contempo misure stabili, coerenti ed efficaci per il settore privato allo scopo di rafforzare quello che è stato definito e dovrà diventare un “mercato unico” europeo dello spazio.

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Space-Law Avvocato Marco-Machetta Delimitazione spazio Cosmico
Avv. Marco Machetta

Avvocato esperto in diritto internazionale, diritto marittimo e commerciale. Ha collaborato con il Prof. Umberto Leanza, partecipando alle attività di studio e di ricerca della cattedra di diritto internazionale della Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, in particolare in materia di Diritto Internazionale del Mare, di regime giuridico dei satelliti e dell’orbita geostazionaria e sul regime giuridico dell’Antartide. Ha partecipato, in più occasioni, per conto del Ministero degli Affari Esteri, in qualità di esperto giuridico, ai lavori della Commissioni O.N.U. Uncitral (United Nations Commission on International Trade Law); è stato, altresì, membro della delegazione italiana ai lavori della Hague Conference on Private International Law.