Melchiotti: con CESI Space l’autonomia energetica europea nello Spazio

Intervista all’Amministratore Delegato di CESI Spa

A marzo scorso CESI ha inaugurato la nuova linea di produzione nei suoi laboratori di Milano, lanciando la nuova unità di business dedicata interamente al settore spaziale e rafforzando così la propria leadership nel settore dell’energia per lo spazio.

L’elevata partecipazione istituzionale – con il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, il Presidente dell’Agenzia Spaziale ItalianaTeodoro Valente e il Managing Director della Divisione Spazio di LeonardoMassimo Claudio Comparini – conferma la grande rilevanza dell’evento.

CESI

Con un investimento di 20 milioni di euro – per più di un terzo provenienti dal modello di Partenariato Pubblico-Privato (PPP) previsto dal programma Space Factory 4.0 relativo al PNRR dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) – e più di 60 tecnici altamente specializzati, la nuova linea di produzione consente un incremento della capacità produttiva del 200%.

Abbiamo incontrato l’Amministratore Delegato di CESI Spa Nicola Melchiotti.

Circa due mesi fa avete lanciato CESI Space, la nuova unità di business interamente dedicata allo Spazio. Perché questa scelta dopo 30 anni di attività di ricerca e sviluppo già acquisite nel settore delle tecnologie spaziali?

cesi melchiotti - Melchiotti: con CESI Space l’autonomia energetica europea nello Spazio

Come ben detto, come CESI stiamo lavorando nello spazio da ormai qualche decennio. Nel passato, però, l’industria era più orientata alla ricerca e allo sviluppo che al commerciale. Come CESI avevamo la possibilità di servire le necessità dei clienti del mondo spazio con piccole quantità, integrate nel nostro business del testing ordinario.

Perché creiamo CESI Spazio? Perché quella che era un’attività legata soprattutto alla ricerca oggi è diventata un’industria reale. L’economia dello spazio sta crescendo con cifre vertiginose, c’è un’attenzione molto più forte, appunto industriale e non solo accademica, per tutta una serie di ragioni anche geopolitiche. Noi, come CESI, abbiamo visto la necessità del mercato e dell’industria di avere una catena produttiva che non fosse solamente cinese o americana — visto che si stanno muovendo un po’ tutti — ma che fosse anche europea.

Noi le competenze le avevamo: il mondo dello spazio richiede una qualità ossessiva, molto simile a quella che garantiamo nei nostri laboratori. Così, nel corso di circa cinque anni di trasformazione, siamo riusciti a mettere in piedi una capacità industriale in una nicchia che non è gigantesca, ma è molto importante: quella delle celle solari ad uso spaziale.

Può raccontarci qualcosa in più sulle vostre celle solari, cosa le distingue e quali sono le applicazioni? 

Le nostre celle solari sono particolari: sono fatte apposta per resistere nelle condizioni più estreme, tra cui quelle dello spazio. Sono basate su strutture multi-giunzione che impiegano il Germanio, una tecnologia raramente utilizzata in altri settori, a causa dei costi elevati, che garantisce oggi prestazioni fondamentali per molti satelliti in orbita. 

Noi avevamo questa capacità in casa, grazie alla storia di CESI, e l’abbiamo sviluppata con dei brevetti proprietari che oggi gestiamo, e con un gruppo di persone: perché alla fine non è solo il brevetto o la macchina, ma c’è tutto un insieme di piccole cose da fare, che richiedono team preparati. Noi quei team ce li avevamo su scala ridotta e adesso li stiamo facendo crescere.

Per implementare la Business Unit Space, abbiamo più di 60 tecnici altamente specializzati, di cui 30 nuovi assunti che stiamo formando nei nostri laboratori con turni misti, dove lavorano insieme scienziati e operatori con 10-15 anni di esperienza e i nuovi assunti che imparano facendo.

Le nostre celle, in particolare, sono ad altissima efficienza, superano il 30%, e la tecnologia è particolarmente resiliente in ambienti ostili: questo le rende uniche sul mercato.

È il materiale il driver tecnologico che fa la differenza?

Il materiale è una scelta, che ci ha portato a posizionarci su una certa nicchia: quella delle celle ad alta efficienza. Esistono altre nicchie che possono usare tecnologie diverse.

Come dicevo, lo spazio è un ambiente estremamente ostile, e soprattutto per i satelliti in alta orbita e per alcune missioni che vanno fuori dall’orbita terrestre, non ci sono molte alternative.

Questa è una decisione tecnologica che ci ha portato a servire una parte specifica dell’industria aerospaziale. L’altra componente fondamentale è la competenza. Al di là del Germanio, sono 30 anni che lavoriamo queste celle a tripla giunzione e abbiamo sviluppato dei brevetti che ci permettono, a noi e non ad altri, di essere particolarmente efficienti.

Le vostre celle sono già state sperimentate?

Abbiamo circa 200.000 celle già prodotte negli anni, utilizzate in oltre 100 satelliti che hanno svolto missioni particolarmente importanti.
Nella sua storia, il Gruppo ha partecipato a missioni verso Mercurio, Marte e Giove, confermando la propria capacità di innovazione tecnologica.

Le celle CESI sono qualificate per satelliti in orbita terrestre bassa (LEO) e in orbita geostazionaria (GEO), secondo lo standard ECSS E ST20-08C. CESI continua a migliorare l’efficienza delle sue celle, e la ricerca attuale suggerisce che sarà in grado di produrre celle a quattro giunzioni con un’efficienza superiore al 32%.

Con la Space Factory 4.0., CESI si conferma tra i principali produttori globali di celle solari per applicazioni spaziali, distinguendosi come l’unica azienda con azionariato completamente europeo. Quali sono le sue caratteristiche principali e quali gli obiettivi?

La nostra partecipazione alla Space Factory si riferisce esclusivamente alle celle solari, che è la nicchia che occupiamo. Non ci occupiamo di satelliti, integrazioni o altre tecnologie, anche se queste sono molto integrate con quello che facciamo.

cesi mocvd - Melchiotti: con CESI Space l’autonomia energetica europea nello Spazio
MOCVD – (Metal-Organic Chemical Vapor Deposition)

Lavoriamo tutti i giorni con i principali operatori spaziali italiani ed europei come Leonardo, Thales, l’Agenzia Spaziale Italiana, l’Agenzia Spaziale Europea, eccetera.

Qual è il nostro obiettivo nella Space Factory 4.0? Servire nella sua totalità il mercato dell’energia elettrica per lo spazio.

In questo momento produciamo circa 30.000 celle all’anno, che diventeranno 70.000 quest’anno, fino ad arrivare a 80.000-100.000: è quanto richiede il mercato oggi.

Abbiamo acquistato macchinari unici di varie categorie — forni, evaporatori, un macchinario evolutissimo che si chiama MOCVD (Metal-Organic Chemical Vapor Deposition) — che ci permettono di servire queste industrie e posizionarci come produttori di energia a livello europeo e mondiale.

Tra i produttori noti, siamo il quarto al mondo in termini di capacità produttiva. Gli altri sono quasi tutti americani, o acquisiti da gruppi americani, oppure cinesi. Noi non vogliamo essere un collo di bottiglia per la Space Factory 4.0: vogliamo supportare l’evoluzione del settore, seguendo i volumi che ci vengono richiesti.

Il vostro azionariato è interamente europeo, quale è invece il vostro principale mercato di riferimento?

In questo momento solo europeo, perché è importante posizionarsi in questa fase di divisione geopolitica tra Cina, Stati Uniti e Europa. Queste sono tecnologie molto delicate e ad usi estremamente strategici.

Noi, avendo capitale europeo, essendo posizionati in Europa e lavorando anche con fondi europei, perché abbiamo ricevuto finanziamenti del PNRR, stiamo lavorando con l’Agenzia Spaziale Italiana e l’Europea, abbiamo scelto di posizionarci come player puramente europeo.

Quali sono i vostri principali progetti in corso e in programma legati allo Spazio?

Il nostro obiettivo è accompagnare lo sviluppo dell’industria, che sta crescendo con ritmi impressionanti. Già questa non è una sfida semplice.

Nel breve e medio termine, vogliamo assicurarci che la capacità produttiva che abbiamo messo in campo sia al servizio del settore: che sia di qualità, puntuale, e pronta a rispondere a una seconda ondata di crescita se dovesse arrivare. 

Siamo pronti per poter continuare a crescere quanto il settore lo necessita.

Quali prospettive di sviluppo intravede per la Space Economy italiana nel contesto europeo e internazionale?

In Italia abbiamo una storia di grandissimo successo. Non siamo dei giganti, ma abbiamo partecipato a missioni emblematiche e importanti negli ultimi 50 anni.

Laddove c’è spazio in qualcosa, l’Italia è presente. L’Italia fa bene a mantenere — e come italiano sono orgoglioso di questo — un’ambizione da leader settoriale in alcune nicchie, dove gli italiani eccellono. In questa leadership CESI vuole essere protagonista.

È fondamentale che il settore sia ben coordinato, perché si tratta di tante nicchie che devono risuonare in armonia. Servono investimenti pianificati anche 5-10 anni prima, su un’industria che solo ora sta uscendo dalla ricerca per diventare commerciale.

L’Italia sta facendo, a mio avviso, un ottimo lavoro per mantenere e rafforzare questo ruolo di leadership. Inoltre, essere europei aiuta, perché ciò che non fa l’Italia lo fanno altri Paesi. È importante competere, ma anche collaborare: una strategia europea integrata, con tecnologie e player che cooperano, ci rende più competitivi fuori dall’Europa. Ed è lì che si gioca la vera partita.

Avete, o state sviluppando anche collaborazioni, con aziende non-space che beneficiano dello sviluppo della Space Economy economica?

Le abbiamo nel nostro business ordinario, non nello spazio — se non per i materiali.

Utilizziamo materiali come GaAs (Arseniuro di Gallio), InGaP (Fosfuro di Indio e Gallio) e Germanio, e abbiamo bisogno di un indotto di materie prime che vengano prodotte o raffinate in Europa.

Anche per questo siamo parte della catena: non siamo un operatore “space” per definizione, ma rappresentiamo un indotto. Che poi è diventato talmente importante da richiedere una business unit dedicata.

Prima parlavamo delle 60 persone che operano nella Business Unit Space. Quali sono invece le prospettive di crescita di fatturato?

Con gli investimenti attuali — ma non escludiamo ulteriori ondate di crescita — prevediamo che solo per l’Unità Space la capacità produttiva massima ci porti a circa 30 milioni di euro, che dovremmo raggiungere nel 2026, quindi l’anno prossimo.

Adesso siamo in fase di ramp-up: i macchinari ci sono, gli ultimi sono in fase di perfezionamento.

Ora dobbiamo ottimizzare il processo produttivo — che è la parte più complessa — formare le persone, ridurre gli scarti, migliorare la qualità. Questo richiederà circa un anno. Dopo, la linea sarà in saturazione e si potrà pensare alla seconda fase.

CESI fattura nel complesso circa 200 milioni di euro, quindi la Business Unit Space vale già il 15%. Un’attività che esisteva solo in termini di ricerca e sviluppo e training, e non commercialmente, ora rappresenta già il 15% del fatturato, in così pochi anni, grazie alla Space Economy.

Quello di CESI Space è un esempio emblematico di come le idee possano diventare impresa quando si crea il contesto favorevole. Come descriverebbe questa trasformazione?

CESI Space è uno dei casi di successo di un’innovazione italiana che rimane in cantiere per tanti anni, un po’ nascosta e quando c’è l’occasione giusta – in questo caso la Space economy – riesce in poco tempo, perché comunque stiamo parlando di tre o quattro anni, a diventare invece un business reale che poi si porta dietro un indotto.

Più in Italia siamo bravi a creare e a replicare queste nicchie, più riusciamo a creare un’economia anche locale, che poi ci permette di portare avanti il nostro Paese.

Spazio-mare-Roberta-Busatto_

Giornalista, specializzata in Economia dello Spazio, in Economia del Mare e in Mindfulness - istruttrice MBSR e facilitatrice LEGO® SERIOUS PLAY® .Dal 2004 si occupa di Aerospazio e dal 2011 di Economia del Mare. Dirige Economia dello Spazio Magazine, Economia del Mare Magazine e Space& Blue Magazine, oltre a seguire le relazioni istituzionali ed esterne in questi settori per importanti stakeholder. Ideatrice del Progetto "Space&Blue Made in Italy" con il suo Forum Space&Blue e del Progetto "Blue Forum Italia network".