Nel silenzio rarefatto dell’orbita terrestre, si sta preparando una rivoluzione silenziosa ma dirompente, l’arrivo dell’exascale orbitale. Non si tratta solo di un’evoluzione tecnologica, ma di una svolta sistemica capace di ridefinire i rapporti tra potenze spaziali, industrie, e infrastrutture digitali. L’idea di portare la potenza di calcolo di un exascale ovvero un miliardo di miliardi (10^18) di operazioni al secondo nello spazio non è più una visione futuristica, ma un progetto concreto che coinvolge agenzie, startup, colossi del settore ICT e, sempre più, l’Italia.
Negli ultimi anni, il paradigma dello spazio si è evoluto da dominio di esplorazione a piattaforma infrastrutturale. Oggi satelliti, payload e stazioni orbitanti costituiscono un’estensione del nostro sistema informativo terrestre. Ma con l’avvento di applicazioni emergenti come l’intelligenza artificiale distribuita, il quantum computing e la sensoristica iper-avanzata, la latenza e la dipendenza dal downlink terrestre iniziano a rappresentare un collo di bottiglia.
Qui entra in gioco l’exascale orbitale: supercomputer collocati direttamente in orbita, in grado di elaborare dati in situ, senza doverli trasmettere a Terra.
Il vantaggio di avere processi decisionali in tempo reale per applicazioni come il monitoraggio climatico, la difesa spaziale, l’agricoltura di precisione o la navigazione autonoma. E, soprattutto, la capacità di creare un “edge computing” orbitale che riduca il carico sulle infrastrutture terrestri e garantisca resilienza in scenari di crisi.
L’interesse globale per l’exascale orbitale è ormai evidente. La NASA e il DoD statunitense stanno investendo in progetti come Spaceborne Computer-2 di Hewlett Packard Enterprise, che testa l’affidabilità del calcolo ad alte prestazioni (HPC) in ambienti spaziali. Anche l’ESA, attraverso il programma Horizon Europe, ha lanciato iniziative di edge computing spaziale, coinvolgendo player europei dell’ICT.
Nel privato, nomi come Microsoft (con Azure Space), Amazon (con AWS Ground Station) e Google Cloud stanno esplorando modelli ibridi in cui cloud, AI e spazio convergono. Ma l’exascale orbitale va oltre il semplice “cloud nello spazio”: implica la miniaturizzazione di architetture HPC, la protezione da radiazioni cosmiche, l’efficienza energetica in condizioni estreme, e nuovi standard di interoperabilità tra satelliti e intelligenze artificiali.
Anche l’Italia si sta affacciando da protagonista in questo scenario. Il nostro Paese possiede competenze verticali uniche: microelettronica avanzata, software embedded, architetture di calcolo, e una filiera spaziale fortemente integrata. Diverse realtà stanno contribuendo – direttamente o indirettamente – allo sviluppo del paradigma exascale orbitale.
Tra queste spicca Leonardo, con la sua piattaforma HPC Davinci-1, tra i supercomputer più potenti d’Europa, e con lo sviluppo di tecnologie per il calcolo distribuito e l’analisi big data in orbita. L’azienda ha anche partecipato a progetti dell’ESA per la computazione in orbita geostazionaria.
Thales Alenia Space Italia, con la sua esperienza nella realizzazione di moduli per stazioni spaziali e payload intelligenti, rappresenta un altro tassello chiave. Le sue competenze ingegneristiche sono fondamentali per rendere i datacenter orbitanti resistenti a radiazioni e micro-meteoriti.
CNR, INAF e varie università italiane, come il Politecnico di Milano e l’Università di Roma “La Sapienza”, stanno conducendo studi su architetture neuromorfiche per l’elaborazione spaziale e sull’intelligenza artificiale embedded per satelliti di nuova generazione.
Infine, non mancano le startup: D-Orbit, ad esempio, ha dimostrato capacità di edge computing a bordo dei suoi satelliti ION, mentre AIKO sta sviluppando sistemi autonomi intelligenti per la gestione delle missioni spaziali.
Uno dei temi più delicati legati all’exascale orbitale è quello della sostenibilità energetica. Portare un supercomputer in orbita richiede energia, raffreddamento, ridondanza, e soprattutto affidabilità. Non è un caso che si stiano studiando soluzioni basate su chip neuromorfici, che imitano il funzionamento del cervello umano per ridurre il consumo, o su sistemi fotonici che potrebbero accelerare il calcolo minimizzando il calore.
L’Italia, anche in questo, può dire la sua. La Silicon Box di Catania, insieme a STMicroelectronics, è all’avanguardia nella realizzazione di microchip avanzati per ambienti ostili. E progetti come EuroHPC e IPCEI Microelectronics, dove l’Italia è presente, potrebbero essere le piattaforme ideali per sviluppare tecnologie spaziali resilienti.
Se il Novecento è stato segnato dalla corsa alla Luna e dalla conquista dello spazio come territorio, il XXI secolo si giocherà sulla sovranità informatica orbitale. Disporre di capacità exascale in orbita significherà, di fatto, poter decidere prima, meglio e in modo indipendente in contesti come sicurezza nazionale, gestione delle risorse, anticipazione di disastri ambientali.
In questo contesto, l’Italia ha una finestra di opportunità. Con una visione strategica, un coordinamento tra istituzioni (ASI, MIMIT, MUR), enti di ricerca e imprese, e un accesso facilitato ai fondi europei e PNRR, potrebbe porsi come hub per il calcolo orbitale in Europa. Una specie di “Silicon Valley nello spazio”, capace di attrarre talenti e capitali in un dominio dove la competizione sarà feroce, ma anche estremamente fruttuosa.
L’exascale orbitale non è più una suggestione. È un terreno d’azione concreto dove si incrociano tecnologia, economia, sicurezza e visione industriale. L’Italia, con il suo ecosistema e la sua capacità di innovare in modo trasversale, ha tutte le carte in regola per essere tra i protagonisti della Space Economy globale.
Giornalista, specializzata in Economia dello Spazio, in Economia del Mare e in Mindfulness - istruttrice MBSR e facilitatrice LEGO® SERIOUS PLAY® .Dal 2004 si occupa di Aerospazio e dal 2011 di Economia del Mare. Dirige Economia dello Spazio Magazine, Economia del Mare Magazine e Space& Blue Magazine, oltre a seguire le relazioni istituzionali ed esterne in questi settori per importanti stakeholder. Ideatrice del Progetto "Space&Blue Made in Italy" con il suo Forum Space&Blue e del Progetto "Blue Forum Italia network".