Nell’epoca della nuova corsa allo spazio, la potenza di calcolo è il carburante dell’innovazione. L’Italia investe in supercomputer per l’aerospazio, costruendo un ecosistema che fonde infrastrutture all’avanguardia, capacità industriali e visione strategica.
Nel silenzio operativo dei data center più avanzati d’Europa, l’Italia sta tessendo una rete di intelligenza computazionale destinata a rivoluzionare il modo in cui lo spazio viene osservato, simulato, progettato.
High-Performance Computing: il motore invisibile della nuova esplorazione spaziale
Dimentichiamo per un attimo i razzi e i satelliti oggi, la vera sfida è quella di elaborare, con velocità e precisione, una mole crescente di dati provenienti dalle missioni spaziali, dalle osservazioni della Terra, dalle simulazioni atmosferiche, fino al disegno di nuove missioni interplanetarie. In questo scenario, il supercalcolo non è solo uno strumento è una leva strategica.
Il nesso tra calcolo ad alte prestazioni (High Performance Computing, HPC) e spazio è diventato sempre più stretto. Le missioni spaziali generano dati in volumi esponenziali, che devono essere elaborati in tempo quasi reale per avere valore strategico.
Le simulazioni numeriche sono essenziali per progettare veicoli spaziali, prevedere traiettorie orbitali, analizzare i comportamenti di materiali avanzati in condizioni estreme. Il supercalcolo è inoltre alla base dell’evoluzione dei digital twin spaziali che sono ambienti virtuali che replicano il comportamento di satelliti e stazioni orbitanti, utili per la manutenzione predittiva, l’automazione e la riduzione dei rischi.
In questo contesto, l’Italia non è solo presente nella Space economy . È protagonista.
Nel Tecnopolo di Bologna, uno degli hub più dinamici del continente per le scienze computazionali, batte il cuore di Leonardo, il supercomputer co-finanziato da EuroHPC JU e gestito dal CINECA. Con i suoi 250 petaFLOPS di potenza, Leonardo è tra i supercomputer più potenti al mondo e rappresenta un asset chiave per le strategie europee su AI, climate tech, energia e, naturalmente, spazio.
Per le applicazioni aerospaziali, Leonardo rappresenta una piattaforma irrinunciabile. È già oggi utilizzato per simulazioni meteorologiche su scala globale, previsione del clima, modelli orbitodinamici e progetti ESA. Ma è solo l’inizio. L’obiettivo è attrarre un ecosistema di imprese, startup e centri di ricerca che utilizzino Leonardo come base per applicazioni avanzate di space computing, inclusi nuovi modelli predittivi per l’osservazione della Terra e l’intelligenza artificiale distribuita nello spazio.
Accanto al Leonardo del CINECA, un altro progetto italiano porta lo stesso nome, ma un’anima diversa. È Lhyc, acronimo di Leonardo Hypercomputing Continuum, la nuova infrastruttura annunciata da Leonardo SpA per offrire calcolo avanzato al servizio dei settori aerospaziale e difesa. Il progetto ha obiettivi ambiziosi: 2.000 utenti serviti, oltre 200 ricercatori coinvolti, una pipeline di progetti da 300 milioni di euro entro il 2029.
Lhyc non è “solo” un supercomputer. È pensato come un ecosistema a gradini, capace di integrare cloud, edge computing e capacità di calcolo in orbita, gettando le basi per un’architettura di calcolo distribuita, resiliente e sovrana. Un sistema che, secondo quanto dichiarato dai vertici aziendali, sarà in grado di supportare anche missioni spaziali autonome, gestione intelligente delle flotte satellitari e sorveglianza dello spazio extra-atmosferico.
A testimonianza del ruolo crescente dell’Italia, l’Agenzia Spaziale Europea ha scelto ESRIN (Frascati) per l’installazione dello Space HPC, il primo supercomputer ESA dedicato esclusivamente alla ricerca spaziale. Inaugurato nel 2025, lo Space HPC ha il compito di accelerare l’analisi dei dati provenienti dalle missioni Copernicus, di supportare l’elaborazione dei big data spaziali e di abilitare una nuova generazione di modelli predittivi per il climate change e la gestione delle risorse naturali.
Il fatto che l’ESA abbia scelto l’Italia come sede per questa infrastruttura strategica non è casuale. ESRIN rappresenta da decenni uno dei poli principali dell’elaborazione geospaziale europea, e l’interconnessione con Leonardo HPC e con i laboratori italiani crea una dorsale computazionale che rafforza l’autonomia tecnologica del continente.
Un aspetto che distingue l’approccio italiano è la volontà di portare il supercalcolo nello spazio. Con il progetto MILSCA (Military Space Cloud Architecture), Leonardo sta sviluppando un’architettura distribuita di calcolo orbitale. L’idea è quella di posizionare moduli di calcolo avanzato direttamente a bordo di piattaforme spaziali – microserver resilienti, dotati di intelligenza artificiale, capaci di elaborare localmente i dati raccolti, riducendo i tempi di latenza e aumentando la sicurezza.
Questo approccio è particolarmente promettente per applicazioni in aree remote, missioni militari, controllo dei traffici navali e aerei e per la futura Internet spaziale. L’elaborazione “on board” sarà anche un alleato cruciale per la gestione autonoma dei satelliti in costellazioni multi-orbita, dove la centralizzazione del calcolo diventa un collo di bottiglia.
Accanto ai grandi nomi come Leonardo, il tessuto industriale italiano è punteggiato da PMI altamente specializzate e centri di ricerca con competenze avanzate in software scientifico, modellazione numerica e ingegneria computazionale. Il Politecnico di Milano, il CNR, l’Università di Bologna e l’INFN sono attori fondamentali, spesso coinvolti in progetti europei Horizon dedicati proprio all’uso del supercalcolo nello spazio.
Emergono anche realtà imprenditoriali giovani che stanno esplorando il confine tra spazio, AI e HPC: startup che utilizzano algoritmi quantistici per simulazioni gravitazionali, aziende che costruiscono microdata center per nanosatelliti, e team che sviluppano digital twin orbitali per infrastrutture spaziali complesse.