Quando nel 2005 Google lanciò una nuova applicazione chiamata “Google Maps”, pochi immaginavano che quello strumento gratuito e apparentemente semplice avrebbe riscritto le regole della geolocalizzazione, del trasporto urbano, della pubblicità digital attraverso lo spazio.
A vent’anni di distanza, è evidente come dietro l’icona rossa a forma di spillo si nasconda una delle più profonde trasformazioni economiche e tecnologiche dell’era digitale, alimentata da una silenziosa ma incessante rivoluzione spaziale.
Google Maps non è “solo” una mappa. È il risultato di una filiera globale che intreccia satelliti, cloud, intelligenza artificiale e infrastrutture terrestri.
Ogni visualizzazione stradale, ogni calcolo di percorso, ogni aggiornamento in tempo reale su traffico o incidenti è reso possibile da una sinergia complessa tra immagini satellitari, dati geospaziali, sensori e algoritmi predittivi. Tutti elementi al centro della nuova space economy.
Per comprendere la portata dell’impatto, è utile partire dall’origine, le immagini satellitari. Google ha stretto accordi con numerosi fornitori, da Maxar a Airbus, fino a Planet Labs, per alimentare la propria piattaforma con immagini ad alta risoluzione, spesso aggiornate quotidianamente.
Questi satelliti non sono solo strumenti passivi di osservazione, sono i “sensori orbitali” della Terra, in grado di registrare movimenti, trasformazioni urbane, fenomeni naturali. Senza di loro, Google Maps non esisterebbe.
Ma la questione va oltre la cartografia. Il vero cuore pulsante è il trattamento dei dati.
Algoritmi di machine learning estraggono informazioni utili da enormi volumi di immagini, integrando le fonti spaziali con dati da smartphone, veicoli, utenti.
L’interazione tra spazio e terra genera così un flusso continuo di conoscenza dinamica, sapere dove siamo, cosa accade, come ci muoviamo, come cambia il mondo.
Questa conoscenza non ha solo valore commerciale, basti pensare al targeting pubblicitario geolocalizzato, ma è diventata asset strategico per governi, imprese, amministrazioni locali. Ecco perché parlare di Google Maps significa parlare della nuova infra-struttura planetaria della space economy.
Google non si limita più ad acquistare dati da terzi. Negli ultimi anni ha mosso passi strategici per internalizzare capacità critiche. Già nel 2014 aveva acquisito Skybox Imaging, un’azienda specializzata in microsatelliti per l’osservazione della Terra. Sebbene successivamente abbia rivenduto parte delle attività a Planet Labs, il messaggio era chiaro, Google vuole un ruolo diretto nella gestione della catena del valore spaziale.
Oggi Alphabet, la holding di Google, continua a esplorare il settore attraverso iniziative interne e collaborazioni, anche in ambiti come il posizionamento GPS, la meteorologia spaziale, e la gestione del traffico aereo urbano (vedi progetto Wing per i droni).
Questo conferma una tendenza crescente, i big tech non si limitano più allo spazio “dei dati”, ma mirano a entrare nello spazio fisico.
La differenza tra “space-enabled” e “space-driven” si assottiglia. Google Maps è l’emblema di una tecnologia consumer nata come servizio ma diventata motore di innovazione industriale e geopolitica.
Se guardiamo all’Italia, il quadro è ambivalente. Da un lato, il Paese dispone di eccellenze assolute nella space economy, basti pensare a Leonardo, Thales Alenia Space, Telespazio, e al ruolo di ASI nella gestione dei dati Copernicus. Dall’altro, manca ancora un pieno sfruttamento delle sinergie tra dati satellitari, intelligenza artificiale e servizi digitali.
Molte PMI italiane lavorano su soluzioni geospaziali, ma raramente riescono a integrarsi in piattaforme globali come Google Maps. Il rischio è che le nostre capacità tecnologiche si fermino all’hardware, senza conquistare lo strato più redditizio, quello del software, dei servizi, del dato.
Eppure, esempi virtuosi non mancano. Il sistema satellitare italiano COSMO-SkyMed alimenta già numerosi servizi di mapping e monitoraggio.
Start-up come Latitudo 40 o E-Geos, sviluppano algoritmi per trasformare immagini satellitari in insight utili per la mobilità, l’agricoltura, il rischio climatico. Ma serve un salto di scala.
Altro temo e la nuova “colonizzazione digitale, per questo diventa urgente una riflessione su governance, accesso, interoperabilità. L’Europa ha già avviato programmi per l’autonomia strategica nello spazio (come IRIS²), ma serve un impegno più forte anche a livello nazionale, accademico e imprenditoriale.
Google Maps ha ridefinito il modo in cui vediamo il mondo. Ma soprattutto ha ridefinito il valore del mondo visto dall’alto. Oggi ogni impresa che voglia operare nella nuova economia, dall’agricoltura di precisione alla logistica predittiva, dal monitoraggio climatico alla sicurezza urbana, deve ragionare in termini di dati geospaziali, satellite-based.
Giornalista, specializzata in Economia dello Spazio, in Economia del Mare e in Mindfulness - istruttrice MBSR e facilitatrice LEGO® SERIOUS PLAY® .Dal 2004 si occupa di Aerospazio e dal 2011 di Economia del Mare. Dirige Economia dello Spazio Magazine, Economia del Mare Magazine e Space& Blue Magazine, oltre a seguire le relazioni istituzionali ed esterne in questi settori per importanti stakeholder. Ideatrice del Progetto "Space&Blue Made in Italy" con il suo Forum Space&Blue e del Progetto "Blue Forum Italia network".