In data 20 Giugno 2024, il Consiglio dei Ministri ha licenziato il Disegno di Legge sulla legge quadro sullo Spazio e sulla Space Economy, che rappresenta il primo provvedimento legislativo in ambito nazionale, diretto a regolamentare l’intero settore.
Il testo è frutto di un prolungato periodo di interlocuzione con gli stakeholders pubblici e privati del settore e disciplina i vari aspetti della materia, dall’accesso allo spazio da parte di privati, al regime autorizzativo per tutti gli operatori (italiani e non), che intendono condurre attività spaziali nell’ambito del territorio italiano, ovvero per quelli nazionali che operano all’estero.
Principi della legge
Con il presente contributo, verrà effettuata una analisi generale di tale legge, dei suoi principi ispiratori e dei profili operativi che caratterizzano la disciplina adottata, anche con riferimento alle altre legislazioni dei più importanti players del settore:
- In primo luogo, l’adozione di una legislazione interna da parte degli Stati impegnati in attività spaziali, oltre che finalizzata ad incrementare le attività e lo sviluppo economico nazionale, era necessaria poiché il Trattato sullo Spazio del 1967 ha imposto agli Stati una responsabilità diretta per le attività svolte da operatori della propria nazionalità e l’obbligo che tali attività siano autorizzate e soggette a supervisione (art. 6); le leggi interne sono, quindi, destinate a disciplinare i processi autorizzativi e di controllo delle attività spaziali, tanto più a causa della sempre maggiore presenza di operatori privati, in aree nelle quali nessun Stato può esercitare diritti sovrani.
- L’intervento legislativo in questione ha colmato un vuoto normativo esistente da molti anni, tanto che, in tempi più recenti, con la Risoluzione n. 68/74, adottata dall’Assemblea Generale ONU dell’11.12.2013, era stata evidenziata la necessità che ogni Stato si dotasse di una normativa interna ed emanato una serie di Raccomandazioni sulle legislazioni nazionali rilevanti per l’esplorazione pacifica e l’uso dello spazio extra-atmosferico.
- La legge in questione, come avvenuto nella maggior parte delle altre normative nazionali, ha espresso in termini ampi il concetto di attività spaziale.
Inoltre, il legislatore ha fatto riferimento, nell’ambito delle attività spaziali, alla esplorazione, estrazione ed uso delle risorse naturali dello spazio extraatmosferico e dei corpi celesti, specificando, tuttavia, che ciò dovrà avvenire “in conformità agli strumenti giuridici adottati a livello internazionale”.
Allo stato attuale, solo quattro Stati (Stati Uniti, Lussemburgo, Emirati Arabi Uniti e, per ultimo, nel 2021, il Giappone), hanno emanato leggi nazionali ove vengono disciplinati, in termini più o meno dettagliati, gli aspetti commerciali relativi all’uso ed allo sfruttamento delle “risorse spaziali”.
- I principi della legge sono contenuti agli artt. 1 e 24, laddove viene affermato che lo Stato promuove lo sviluppo dell’attività spaziale, quale fattore di crescita economica, favorendo, in particolare, la ricerca, la produzione ed il commercio in orbita terrestre bassa. La legge si pone anche l’obiettivo di garantire l’accesso ai dati, ai servizi e alle risorse delle infrastrutture spaziali in modo equo e non discriminatorio, anche al fine di contribuire ad uno sviluppo sostenibile e sfruttare il potenziale dello spazio nella gestione nelle risorse ambientali e degli effetti locali del cambiamento climatico, nella facilitazione delle telecomunicazioni e della gestione logistica.
Infine, nella gestione dei servizi commerciali forniti dalle infrastrutture spaziali di osservazione della Terra, intende favorire, ove possibile, soluzioni di partenariato pubblico-privato che consentano una remunerazione almeno sufficiente a consentire la manutenzione della infrastruttura.
Il DDL pone in risalto in diverse disposizioni l’importanza strategica del settore, che emerge sia nei processi autorizzativi delle attività; sia nelle norme speciali in materia di appalti e sostegno per le imprese del settore, in particolare delle start up innovative (art. 28); sia con la previsione di una riserva di capacità trasmissiva nazionale (art. 25); sia, infine, dalle importanti missive adottate in materia di responsabilità sussidiaria dello Stato per i danni cagionati dall’operatore ed a supporto per l’economica dello spazio.
Autorità competenti e procedimento autorizzativo per le attività spaziali
Gli Stati dotati di legislazioni domestiche hanno disciplinato il settore privato e le procedure di autorizzazione allo svolgimento di attività spaziali, richiamando quanto previsto dagli accordi internazionali in materia e, segnatamente, la Convenzione sulla responsabilità internazionale per danni causati da oggetti spaziali del 29.3.1972 e la Convenzione sulla registrazione di oggetti spaziali lanciati nello spazio del 14.1.1975.
Le politiche spaziali e, di conseguenza, gli enti preposti al rilascio delle autorizzazioni, considerata la loro natura strategica, sono di regola appannaggio dei Ministeri interessati (in genere, quelli che si occupano di affari economici, imprese ed industria). In alcuni casi, sono coinvolti più Ministeri, mentre la verifica dei requisiti di natura tecnica, finanziaria ed ambientale, è di solito demandata alle Agenzie spaziali nazionali.
In tale nuova normativa, l’ente preposto alla gestione e al controllo dell’attività spaziale, è costituito, in primo luogo, dalla Autorità responsabile, vale a dire il Presidente del Consiglio dei Ministri o l’Autorità con delega alle politiche spaziali o aerospaziali, ai sensi dell’art. 21 del D.L. 46/2003 n. 128 (art. 2.1.b).
Un ruolo importante è stato, inoltre, attribuito alla Agenzia Spaziale Italiana di cui al D.L. 46/2003 n. 128 quale unica autorità di settore per la regolazione tecnica ai sensi dell’art. 14 del DDL ed in misura minore dal COMINT, vale a dire il Comitato Interministeriale per le Politiche Spaziali e la Ricerca Aerospaziale di cui all’art. 21 del D.L. 4.6.2003 n. 128.
Infine, il Ministero della Difesa è coinvolto ai sensi dell’art. 11 per gli aspetti di sua competenza.
L’Agenzia Spaziale Italiana vigila sulle attività condotte dall’operatore, per assicurarne la conformità alle disposizioni della legge, agli atti adottati in attuazione della stessa ed alle condizioni e prescrizioni indicate nell’autorizzazione.
In tale contesto, l’Agenzia ha accesso ai documenti e alle informazioni in possesso dell’operatore e del proprietario relative all’oggetto spaziale, potendo finanche condurre ispezioni nei locali che sono all’uopo utilizzati, con trattamento dei relativi dati, informazioni e documenti raccolti nel rispetto delle esigenze di confidenzialità e segretezza e delle disposizioni per la tutela delle informazioni di cui al Regolamento adottato ai sensi dell’art. 1, comma 2 della Legge 3.8.2007 n. 124.
La legge sancisce, come previsto in tutte le legislazioni estere, l’obbligo di autorizzazione all’esercizio delle attività spaziali svolte nel territorio italiano o al di fuori di esso da operatori nazionali.
A tale proposito, l’art. 4 esclude tale necessità nel caso in cui l’attività spaziale sia munita di autorizzazione rilasciata da un altro stato, riconosciuta in Italia, in base ad un Trattato internazionale (comma 4), ovvero in caso di riconoscimento dell’autorizzazione rilasciata da un altro Stato secondo criteri equivalenti a quelli previsti dalla presente legge (par. 5).
Il regime autorizzativo, o più precisamente l’intera disciplina introdotta con la legge non si applica, ai sensi dell’art. 28, alle attività spaziali e a quelle correlate direttamente condotte dal Ministero della Difesa e dagli organismi di informazione e sicurezza di cui agli artt. 4, 6 e 7 della legge 3.8.2007 n. 124.
L’autorizzazione di cui all’art. 4 è subordinata al possesso di requisiti oggettivi di idoneità tecnica nel rispetto di principi e criteri in materia di sicurezza delle attività spaziali (lett. a); resilienza dell’infrastruttura satellitare rispetto ai rischi informatici, fisici e di interferenza (lett. b) e di sostenibilità ambientale di attività spaziali (lett. c).
Sono altresì necessari requisiti soggettivi generali, elencati all’art. 6, che condizionano il rilascio dell’autorizzazione, che consistono in: requisiti generali di condotta previsti dall’art. 94 del D.L. 31.3.2023 n. 36; capacità professionali e tecniche idonee a condurre le attività per le quali si richiede l’autorizzazione; adeguata solidità finanziaria, commisurata ai rischi associati all’attività spaziale da condurre; stipula di un contratto assicurativo a copertura dei rischi di sinistro alle modalità di cui al successivo art. 21; disponibilità di un servizio di prevenzione delle collisioni, provvisto da un fornitore abilitato.
A tale riguardo, il disegno di legge appare analogo a quello previsto nel sistema francese, ove la normativa di riferimento è costituita dalla Legge sulle operazioni spaziali del 3.6.2008, che disciplina il sistema autorizzativo da parte del Ministero competente, sulla base di una valutazione tecnica da parte dell’Agenzia Nazionale Francese (CNES) e che prevede (articolo 5) che le autorizzazioni possano imporre specifiche obbligazioni a tutela di persone e beni, per la protezione della salute e dell’ambiente, in particolare, al fine di limitare i rischi derivanti da detriti spaziali.
La legge transalpina è stata successivamente integrata con una normativa di natura tecnica, con la previsione di appositi decreti attuativi, con la quale sono stati specificati i requisiti tecnici ai quali deve conformarsi ciascun operatore; in particolare, una prima parte è dedicata ai sistemi di lancio ed una seconda ai sistemi orbitali, entrambe soggette a disposizioni comuni sul contenimento del fenomeno dei detriti.
Analogamente, l’art. 13 del DDL prevede disposizioni attuative che coinvolgeranno i Ministri dell’economia e delle finanze, il Ministro della difesa, il Ministro per gli affari esteri e la cooperazione internazionale, il Ministro della Giustizia, il Ministro per le infrastrutture e i trasporti ed il Ministro delle imprese e del made in Italy con il parere del Consiglio di Stato, sentito il COMINT, l’ASI e, ove nominata, l’Autorità Delegata di cui all’art. 3, comma 1 Legge n. 124/2007.
Tali decreti avranno per oggetto le condizioni ed i requisiti tecnici di sicurezza, resilienza e sostenibilità dell’attività spaziale, la documentazione da produrre, le sanzioni amministrative ed i requisiti di cui all’art. 6, lett. b), c) ed e).
Nella maggior parte dei casi, il potere dello Stato nel rilascio delle concessioni, è stremamente incisivo, dovendo la domanda soddisfare gli accertamenti richiesti circa l’adeguatezza dei fondi per la missione e garantire l’estrema probabilità che le strutture utilizzate per la costruzione ed il lancio siano idonee ad evitare danni di natura ambientale.
Il procedimento autorizzativo prevede la presentazione della richiesta all’Autorità responsabile per il tramite dell’Agenzia Spaziale Italiana (art. 7), ente preposto agli accertamenti tecnici al cui esito positivo è subordinata la trasmissione degli atti all’Autorità responsabile ed al Ministro per la Difesa per acquisire il parere favorevole del COMINT anche in relazione agli aspetti concernenti l’eventuale grave pregiudizio, attuale o potenziale, per gli interessi essenziali della difesa, della sicurezza nazionale e della continuità delle relazioni internazionali o per la protezione delle infrastrutture critiche e materiali o per la protezione cibernetica o per la sicurezza informatica nazionale (art. 7.5.b).
All’esito del suddetto parere e dopo aver eventualmente sentito altre amministrazioni interessate all’attività spaziale oggetto di autorizzazione, l’Autorità responsabile decide sulla domanda di autorizzazione entro il termine massimo complessivo di 120 giorni dalla sua presentazione (art. 7.4).
L’autorizzazione è negata, oltre che in caso di parere negativo del COMINT, anche nell’ipotesi in cui sussista un legame tra operatore spaziale da autorizzare o altri Stati o territori terzi che, tenuto conto anche delle posizioni ufficiali dell’Unione Europea, non si conformano ai principi di democrazia o dello stato di diritto, o che minacciano la pace e la sicurezza internazionali o sostengono organizzazioni criminali o terroristiche o soggetti ad esse e comunque collegati; nonché se lo scopo dell’attività spaziale è in contrasto con i principi generali dell’ordinamento o con l’interesse fondamentale della Repubblica.
Il legislatore ha, pertanto, ritenuto di utilizzare una casistica più estesa rispetto a quella adottata nelle altre normative, ove viene di solito fatto solo riferimento alla tutela della sicurezza nazionale e dell’ordine pubblico, della sicurezza dello Stato o degli interessi strategici ed economici nazionali o di politica estera e di difesa nazionale, che non devono essere pregiudicati dalle attività spaziali delle quali viene richiesta l’autorizzazione.
L’autorizzazione, ai sensi dell’art. 7.6, può prevedere, oltre ai diritti ed agli obblighi dell’operatore, anche eventuali prescrizioni da ottemperare per la mitigazione del rischio e la data entro cui l’operatore deve dare inizio all’attività e la durata dell’autorizzazione che può essere prorogata su istanza dell’operatore, previo accertamento del permanere dei requisiti e delle condizioni che ne hanno consentito il rilascio.
Nella maggior parte delle legislazioni, come ad esempio quelle del Regno Unito, Giappone, Belgio, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Olanda, Norvegia, le autorizzazioni alle attività spaziali vengono concesse con riferimento ad ogni singola operazione; il disegno di legge, a tale riguardo, presenta ancora una volta forti analogie con la normativa francese che prevede il rilascio di una licenza generale che certifichi la capacità di operare per un periodo di 10 anni, con l’evidente intento di incentivare l’iniziativa privata.
L’autorizzazione può essere oggetto di modifica per ragioni sopravvenute ai sensi dell’art. 8, ovvero di sospensione o decadenza per mancata osservanza delle prescrizioni autorizzative ai sensi dell’art. 9, dopo aver informato l’operatore che, entro un termine appropriato indicato, può fornire spiegazioni e produrre documentazione.
Nella decisione relativa alla sospensione o decadenza, l’Autorità responsabile, ai sensi dell’art. 9.2, può imporre condizioni necessarie per la prosecuzione o l’interruzione in sicurezza delle attività spaziali, anche ordinando all’operatore di adottare misure appropriate per garantire l’osservanza di quanto stabilito dal comma 1, lett. f) circa la violazione delle prescrizioni e delle misure di cautela per minimizzare i rischi per la sicurezza delle persone e dei beni, proteggere l’ambiente, tutelare la salute pubblica, gli interessi di sicurezza nazionale e di continuità delle relazioni internazionali.
La legge disciplina altresì l’ipotesi di trasferimento dell’attività spaziale o della proprietà dell’oggetto spaziale, che sono sottoposte ad autorizzazione dell’Autorità responsabile, secondo la procedura di cui all’art. 7.
Tale previsione è in linea con quella presente nelle altre normative, ove la cessione dell’autorizzazione è generalmente consentita e di norma sempre soggetta ad una autorizzazione preventiva da parte dell’organo preposto al suo rilascio; in questo caso non sembra che sia stato regolamentato a livello normativo il criterio di ripartizione del rischio tra i Paesi di lancio, pur essendo stata richiamata all’art. 2 la definizione di Stato di lancio contenuta all’art. 1 lettera c) della Convenzione sulla responsabilità internazionale del 29.3.1972.
Immatricolazione degli oggetti spaziali
Come noto, la registrazione degli oggetti spaziali è un fattore determinante per individuare quale Paese debba considerarsi “launching State”, con le relative conseguenze in termini di responsabilità e danni.
Inoltre, la registrazione è un aspetto rilevante anche in relazione alla giurisdizione dello Stato e sul controllo dell’oggetto spaziale e del personale a bordo.
Le modalità procedurali previste per la registrazione degli oggetti spaziali sono in generale regolamentate nell’ambito e nei limiti di quanto previsto dalla Convenzione sulla Registrazione del 1975 e sono a cura dello Stato di lancio ed essa non può essere effettuata presso due diversi Paesi.
Nel caso in cui l’attività sia intrapresa congiuntamente da più Stati, viene quindi richiesto un accordo tra di essi, per determinare presso quale Paese verrà effettuata la registrazione ai fini dell’adempimento delle prescrizioni previste da tale Trattato.
Tale materia è disciplinata dagli artt. 15, 16 e 17 della legge e fa riferimento agli obblighi ivi previsti dalla Convenzione sulla immatricolazione degli oggetti lanciati nello spazio extra-atmosferico di New York del 14.1.1975, ratificata e resa esecutiva ai sensi della Legge 12.7.2005 n. 153 o da altre norme internazionali.
E’ interessante notare che la legge dispone che un oggetto spaziale lanciato nello spazio extra-atmosferico non può essere iscritto nel Registro Nazionale se è iscritto in Registro di altro Stato e che è prevista la tenuta di un registro complementare per iscrivere un oggetto spaziale non immatricolato in Italia, di cui un operatore di nazionalità italiana acquisisca la gestione o proprietà in orbita o su un corpo celeste ai sensi dell’art. 10, comma 2.
Responsabilità degli operatori spaziali e dello Stato
La disciplina della responsabilità civile dell’operatore costituisce uno degli aspetti essenziali della normativa, considerata la sua importanza nello svolgimento di attività spaziali che, per definizione, costituiscono attività estremamente delicate e pericolose, sia dal punto di vista della sicurezza che ambientale.
In particolare, ciò avviene poichè lo Stato della nazionalità dell’operatore ha una responsabilità di natura oggettiva rispetto alle attività poste in essere dai propri cittadini (persone fisiche o giuridiche) ed ai danni che ne conseguono.
Tale responsabilità è l’effetto della disposizione contenuta all’art. 6 del Trattato sullo Spazio del 1967 e, soprattutto, della Convenzione sulla Responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali.
La Liability Convention prevede un duplice regime di responsabilità a carico dello Stato di lancio qualora il danno cagionato sia avvenuto sulla Terra o nello spazio aereo (art. 2, responsabilità oggettiva, ove nessuna colpa (fault) è richiesta), o nello spazio extra atmosferico ad altro oggetto spaziale (art. 3, ove è richiesta la colpa dello Stato di lancio o dei suoi cittadini).
Occorre, peraltro, precisare che in caso di incidenti è possibile anche adire la legge nazionale e la relativa giurisdizione, non sussistendo un principio di esclusività della Convenzione. Tuttavia, una azione risarcitoria intrapresa in base alla Convenzione sulla Responsabilità, offre il vantaggio di una responsabilità illimitata, sia sotto il profilo temporale che economico; nonché di carattere assoluto per i danni verificatisi sulla Terra, con possibilità di agire nei confronti dello Stato, per definizione solvibile.
Le parti danneggiate, in base all’art. 12 della Convenzione, hanno, difatti, diritto ad un risarcimento integrale, senza limiti di tempo, a conferma di un approccio basato sulla tutela delle vittime.
Da qui la necessità di regolamentare tale aspetto, in particolare nella fase autorizzativa, mediante controlli preventivi, valutazioni di rischio o prescrizioni che limitino, per quanto possibile, il rischio di incidenti, di produzioni di detriti ed ogni interferenza dannosa con l’ambiente.
Il principio generale sancito dall’art. 18 del DDL è costituito dalla responsabilità dell’operatore per i danni cagionati in conseguenza delle attività spaziali condotte.
Sulla base di tale principio, il comma 2 prevede che l’operatore sia sempre tenuto al risarcimento dei danni cagionati a terzi sulla superficie terrestre, nonché agli aeromobili in volo e alle persone e cose che si trovano a bordo di questi ultimi, escluso solo il caso in cui l’operatore provi che i danni sono stati causati in via esclusiva, e con dolo, da un terzo estraneo, all’operazione spaziale e che il fatto del terzo non poteva essere impedito, o se provi che i danni sono stati causati esclusivamente dal danneggiato.
Del resto, già la Convenzione sulla Responsabilità dispone che può essere esclusa la responsabilità dell’operatore (e, quindi, dello Stato di appartenenza) qualora il danno sia effetto di una condotta gravemente colposa (gross-negligence) della vittima; tale norma viene spesso riprodotta nelle leggi nazionali in termini analoghi nei rapporti tra Stato ed operatore.
Si tratta, quindi, di una responsabilità estremamente ampia, su cui può incidere, ai fini di una sua riduzione, oltre alle ipotesi sopra delineate, anche il caso in cui il fatto colposo del danneggiato abbia concorso a cagionare un danno, con conseguente applicazione dell’art. 1227 del codice civile.
Per quanto attiene alla garanzia dello Stato oltre i limiti di responsabilità dell’operatore, appare evidente che l’entità dei danni dei quali uno Stato potrebbe essere chiamato a rispondere, considerati i rischi intrinseci delle attività spaziali e le relative incertezze circa possibili incidenti e le conseguenze di natura risarcitoria, è di gran lunga superiore alle ordinarie capacità finanziarie di un operatore.
Sotto tale profilo, il supporto finanziario dello Stato appare essenziale per le imprese che operano in questo settore, con specifico riferimento alla previsione di una soglia massima di rischio a loro carico.
Pertanto, una delle forme principali per supportare le attività spaziali è costituita proprio dalla assunzione da parte dello Stato della garanzia sovrana oltre il limite stabilito dalla legge.
Appare evidente che tanto più viene concesso un limite di responsabilità di natura economica a favore degli enti che hanno intrapreso attività spaziali, maggiore dovrà essere la garanzia da parte del Paese di riferimento.
In tali valutazioni rientrano, naturalmente, implicazioni di natura strategica relative agli interessi economici e non, attuali e potenziali, alla base della missione; ad esempio, in caso di attività spaziali aventi natura duale, gli obiettivi in tema di sicurezza e difesa potrebbero essere prevalenti, giustificando un intervento dello Stato più incisivo anche da un punto di vista finanziario, rispetto ad operazioni aventi finalità esclusivamente commerciali o di altra natura.
Sotto il profilo del quantum, nel DDL è previsto che nei casi sopra descritti, l’operatore autorizzato risponde del danno sino al limite sancito dall’art. 21, comma 1, di 100 milioni di euro.
Difatti, tale norma prevede l’obbligo di garanzia assicurativa o altra garanzia finanziaria, per cui gli operatori autorizzati devono stipulare contratti assicurativi o di analoga natura, a copertura dei danni derivanti dall’attività spaziale, con massimale pari fino a 100 milioni di euro per sinistro.
Tale limite può essere ridotto, in base a quanto previsto dall’art. 13 del Decreto, laddove vengano individuate tre fasce di rischio cui si applicano massimali gradatamente inferiori, in considerazione del dimensionamento dell’attività spaziale, del livello orbitale in cui gli oggetti si muovono, della durata e tipologia dell’attività spaziale.
Il massimale, in ogni caso, non può comunque essere inferiore a 50 milioni di euro o, nel caso di operatore autorizzato che persegue esclusiva finalità di ricerca o che è qualificato come attività di start-up innovativa, a 20 milioni di euro.
Poiché lo Stato, in base agli accordi internazionali, è di norma considerato responsabile per i danni causati a terzi, in tali ipotesi è generalmente prevista (ad esempio, negli Stati Uniti ed in Francia) una azione di rivalsa nei confronti dell’operatore responsabile dei danni nel caso in cui lo Stato di lancio abbia dovuto indennizzare le parti danneggiate.
In Francia, tuttavia, così come sta avvenendo in Italia, non sono previsti limiti all’ammontare degli indennizzi statali, a differenza, ad esempio, degli Stati Uniti, con un approccio che rivela chiaramente l’intento di proteggere l’industria spaziale.
Difatti, per quanto attiene alla responsabilità dello Stato, esso risponde dei danni cagionati a terzi che eccedano l’importo di E. 100 milioni di euro, ovvero in caso di accertato stato di insolvenza dell’operatore o della compagnia assicurativa, oppure per invalidità o mancanza della garanzia.
L’operatore decade dal beneficio del limite quantitativo sopra previsto, nel caso in cui non è munito di autorizzazione o ha violato gli obblighi indicati nel provvedimento di autorizzazione, ovvero ha cagionato il danno con dolo o colpa grave o ha violato gli obblighi previsti dall’art. 21 in materia di obbligo di garanzia assicurativa (art. 18.4).
Anche per tale ragione, nei giudizi promossi per il risarcimento dei danni, lo Stato è litisconsorte necessario.
L’art. 19 disciplina, altresì, il caso in cui lo Stato italiano sia chiamato a rispondere da uno Stato straniero per i danni causati da oggetti spaziali in forza della Convenzione sulla responsabilità internazionale per i danni causati da oggetti spaziali firmata a Londra, Mosca e Washington il 29.3.1972 o di altre norme internazionali.
In tali ipotesi, lo Stato ha la facoltà di esercitare azione di rivalsa nei confronti dell’operatore dell’attività spaziale che ha cagionato danni a persone o a cose, entro 24 mesi dall’avvenuto adempimento delle obbligazioni risarcitorie, con il limite di cui all’art. 21, comma 1, salvo che ricorrano le condizioni di cui all’art. 18, comma 4.
La legge regolamenta anche l’ipotesi di danni causati sul territorio italiano da Stati di lancio stranieri, in forza della Convenzione sopra citata, per cui le persone danneggiate sul territorio italiano da attività spaziali per le quali è responsabile uno Stato straniero, possono presentare allo Stato italiano, entro 6 mesi dal verificarsi del danno o da quando gli effetti sono emersi, denuncia di sinistro o istanza di risarcimento.
Lo Stato italiano che, sulla base della documentazione ricevuta, ha chiesto ed ottenuto dallo Stato straniero risarcimento dei danni, è tenuto a corrispondere le relative somme alle persone danneggiate che hanno presentato denuncia (art. 20, comma 1).
Il secondo comma di tale disposizione, prevede, viceversa, che se lo Stato italiano, cui è stato tempestivamente denunciato il danno, non ha avanzato domanda di risarcimento dei danni nei termini previsti dalle norme applicabili del diritto internazionale, o se tale richiesta è rimasta totalmente o parzialmente insoddisfatta, le persone fisiche e giuridiche italiane possono proporre domanda di risarcimento subito nel territorio italiano, direttamente nei confronti dello Stato italiano, entro cinque anni decorrenti dalla scadenza del termine concesso allo Stato italiano per presentare la domanda di risarcimento o dalla comunicazione avente ad oggetto l’esito della denuncia.
Tali disposizioni non si applicano se i danneggiati hanno direttamente adito i Tribunali o gli organi amministrativi dello Stato straniero per richiedere il risarcimento dei danni ed il risarcimento non è comunque dovuto se risulta che i danni sono stati cagionati esclusivamente da colpa del danneggiato o se il fatto colposo del medesimo abbia concorso a cagionare il danno con conseguente applicazione dell’art. 1227 c.c..
Il regime di responsabilità è direttamente connesso con l’obbligo di garanzia assicurativa sopra descritto, sancito all’art. 21 che prevede, altresì, la possibilità che le imprese di assicurazione o i prestatori della garanzia finanziaria, assumano direttamente l’intero rischio, ovvero in coassicurazione, o in forma consortile mediante una pluralità di imprese (in tale ultimo caso, il Consorzio deve essere registrato ed approvato dall’IVASS che ne valuta la stabilità).
Il modello dello Stato italiano è conforme a quello tipico presente negli altri Paesi, ove l’autorizzazione prevede in genere garanzie assicurative, in ordine alla copertura del rischio che possono essere predeterminate a livello normativo (ad esempio, il Regno Unito e la Slovenia prevedono una garanzia di 60 milioni di euro per missioni standards, che può essere incrementata per operazioni più rischiose, sulla base di moduli standardizzati).
Naturalmente, la garanzia copre i danni verso terzi e deve essere valida per l’intera durata della missione e non appare necessaria quando l’attività sia condotta direttamente o per conto dello Stato.
In Francia, l’ammontare dell’assicurazione obbligatoria è corrispondente a quello del tetto di responsabilità (tra i 50 ed i 70 milioni di euro), potendo, tuttavia, essere concessa l’esenzione da tale obbligo quando non sia possibile ottenere una garanzia assicurativa e per il periodo in cui i satelliti non mutino la loro posizione orbitale.
Gli Stati Uniti hanno il regime più flessibile, prevedendo tre possibili opzioni: la somma più bassa tra la perdita massima probabile, l’importo massimo assicurabile in base al mercato mondiale a costi ragionevoli o 500 milioni di dollari.
Il terzo danneggiato ha inoltre azione diretta contro l’assicuratore per il risarcimento del danno subito (art. 21.4) e l’assicuratore non può opporre al terzo alcuna causa di risoluzione, né di nullità del contratto avente effetto retroattivo, ed è tenuto a risarcire il danno anche se derivato da dolo dell’operatore o dei suoi dipendenti e preposti, purchè questi ultimi abbiano agito nell’esercizio delle loro funzioni e nei limiti delle loro attribuzioni (art. 21.5); in tali casi, l’assicurazione ha azione di rivalsa contro l’operatore per la somma pagata al terzo danneggiato.
Inoltre, l’assicuratore, fermo quanto previsto dal comma 5, può opporre al terzo tutte le eccezioni opponibili all’operatore, nonchè quelle che l’operatore medesimo può opporre al danneggiato.
Misure per l’economia dello spazio e leggi abrogate
Infine, occorre sottolineare che il disegno di legge prevede anche misure per l’economia dello spazio e, in tale contesto, dispone che la struttura di coordinamento del COMINT, elabora in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana e sentito il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Piano nazionale per l’economia dello spazio, aggiornato con cadenza biennale, previa approvazione del COMINT.
L’art. 23 istituisce, inoltre, un fondo a carattere pluriennale, denominato Fondo per l’Economia dello Spazio, con una dotazione iniziale pari ad 85 milioni di euro per l’anno 2024, 160 milioni di euro per l’anno 2025 e 50 milioni di euro per l’anno 2026.
Da ultimo, è importante sottolineare che il disegno di legge prevede l’abrogazione della legge 25.1.1983 n. 23 (relativa alle norme di attuazione della Convenzione sulla responsabilità internazionale) e l’abrogazione dei commi 2, 3, 4, 5 e 6 dell’art. 3 della Legge 12 Luglio 2005 n. 153 relativi alle annotazioni sul Registro nazionale di immatricolazione, superate dalla nuova normativa.
Conclusioni
L’adozione di una legge nazionale risponde finalmente alle prescrizioni contenute nel Trattato dello Spazio ed affronta il tema della responsabilità oggettiva imposta agli Stati da tali accordi internazionali, disciplinando i processi autorizzativi e di supervisione delle attività esercitati dai propri cittadini e la necessità di regolamentare i profili risarcitori a favore delle vittime di incidenti, anche con appropriate garanzie assicurative.
Infine, tale normativa si pone anche il dichiarato obiettivo di promuovere gli affari spaziali nell’interesse nazionale e di sviluppare la ricerca e l’industria del settore, attribuendo meritevolmente centralità ed importanza strategica a tale settore, sotto i diversi profili ambientali, di sviluppo economico e di sicurezza.
Avv. Marco Machetta
Avvocato esperto in diritto internazionale, diritto marittimo e commerciale. Ha collaborato con il Prof. Umberto Leanza, partecipando alle attività di studio e di ricerca della cattedra di diritto internazionale della Università degli Studi di Roma “Tor Vergata”, in particolare in materia di Diritto Internazionale del Mare, di regime giuridico dei satelliti e dell’orbita geostazionaria e sul regime giuridico dell’Antartide. Ha partecipato, in più occasioni, per conto del Ministero degli Affari Esteri, in qualità di esperto giuridico, ai lavori della Commissioni O.N.U. Uncitral (United Nations Commission on International Trade Law); è stato, altresì, membro della delegazione italiana ai lavori della Hague Conference on Private International Law.